sabato 12 luglio 2014

8° - IL REGIO CASALE DI CASAPULLA E LA FAMIGLIA " de Natale Sifola Galiani" LA PIU' ANTICA DI DETTO CASALE

FAMIGLIA
COLONNA–ROMANO
ORIGINI DELLA DINASTIA COLONNA ROMANO:


I TUSCOLANI

Arma
dei
Conti di TUSCOLO


I conti di Tuscolo compaiono sulla scena politica romana verso la fine del sec.X. Anche se fino a tutt’oggi non è ancora possibile ricostruire con esattezza l’ascendenza di tale casato, la storiografia moderna riconosce tuttavia una stretta parentela dei Tuscolani con il lignaggio dei Teofilatti.

Veduta del TUSCOLO medievale
(Lazio)

Teofilatto, era un ricco latifondista romano forse di origine germanica (altre fonti ipotizzano la sua parentela con un Gregorio “Nomenclator – fine IX secolo – oppure discendente dalla gens Anicia dell'antica Roma).
Faceva parte degli Optimates Romani, ossia di quella classe sociale (formata principalmente da latifondisti, ricchi ecclesiastici, amministratori cittadini o diringenti statali laici) che controllava la vita politica dell’Urbe tra i secoli VII e XI; questo corpo socio-amministrativo pretendeva di fare le funzioni dell’antico senato romano e si faceva chiamare, in suo ricordo, Senatus oppure Ordo Senatorius. Teofilatto appare nelle cronache romane attorno al 901, quando deteneva la carica di Giudice Palatino (Judex Palatinus, la stessa carica mantenuta dal genero Crescenzio); a partire dal 904 controllava Roma con le qualifiche di Magister Militum (cioè di comandante della milizia cittadina) e di Sacri Palatii Vestararius (amministratore dei beni e delle entrate del Papa), e grazie a queste due importanti cariche di fatto fu signore dell’Urbe per circa vent’anni. Nel 906 era menzionato come “Gloriosissimus Dux”. Deteneva la carica di Senator Romanorum (carica che mancava di uno ruolo specifico nell’amministrazione romana dell’epoca ma che dava una supremazia morale sugli altri Optimates) nel 915, e in questa veste fu inviato dal Papa Giovanni X a negoziare l’alleanza con i principi longobardi della Campania in funzione anti-araba. Come risultato ci fu la creazione di una lega militare che culminò nella celebre vittoria dell’esercito cristiano presso il Garigliano (agosto del 915) contro i saraceni, che furono costretti a sgomberare per sempre il Lazio. Teofilatto fu estromesso dalle cariche nel 924 dal Papa Giovanni X, che gli era ostile, per poi morire attorno al 925 ca. Possedeva un vasto dominio che comprendeva i borghi e terre di : Monterotondo, Poli, Anticoli Corrado, Guadagnolo, Rocca di Nitro, Rocca dei Sorci, Saracinesco, Segni, Valmontone, Alatri, Guarcino, Colle Pardo, Soriano, Paliano, Sora e Celano. Da notare che alcuni di questi possedimenti rimasero ininterrottamente proprietà dei discendenti fino al secolo XIX.
Sposa Teodora detta “Senatrix” (vivente 904/924 circa), passata alla Storia come donna viziosa e corrotta che procacciò il potere al marito divenendo l’amante e protettrice del giovane Vescovo di Cere, cugino di Teofilatto e futuro Papa Sergio III.
(cfr.: Lindsay Brook, Pope and Pornocrats: Rome in the early middle ages, in "Foundations", n.1, gen. 2003, pagg. 5-21)

A1. Maria detta “Mariozza
Maria, nota poi come Marozia (* 892 ca. + prigioniera in un convento, Roma, post 933/ante 937), Senatrix, fu la dominatrice di Roma tra il 915 e il 932 imponendo la politica ai Papi, suoi amanti. La sua fine è poco chiara : fu catturata dal figlio Alberico nel 932 dopo la cacciata di Re Ugo di Provenza da Roma e probabilmente relegata in un convento romano, dove morì; altre versioni, meno probabili, affermano che fu posta in catene nella Mole Adriana. Di certo si sa solo, indirettamente, che era ancora viva nella primavera del 933, quando il marito Ugo fece un tentativo di assedio a Roma con la speranza di liberarla. Era morta prima del 937 perché il terzo marito si era nel frattempo risposato in quella data.
a)      a) = Roma 909 Alberico Duca di Spoleto e Camerino (+ ucciso dalla plebaglia di Orte, estate 924) (alla sua morte il
b)      A1. Maria detta “Mariozza“ e nota poi come Marozia (* 892 ca. + prigioniera in un convento, Roma, post 933/ante
c)             937), Senatrix, fu la dominatrice di Roma tra il 915 e il 932 imponendo la politica ai Papi, suoi amanti. La sua fine è
d)            poco chiara : fu catturata dal figlio Alberico nel 932 dopo la cacciata di Re Ugo di Provenza da Roma e probabilmente
e)             relegata in un convento romano, dove morì; altre versioni, meno probabili, affermano che fu posta in catene nella Mole
f)              Adriana. Di certo si sa solo, indirettamente, che era ancora viva nella primavera del 933, quando il marito Ugo fece un
g)             tentativo di assedio a Roma con la speranza di liberarla. Era morta prima del 937 perché il terzo marito si era nel
h)             frattempo risposato in quella data.
i)        a)      = Roma 909 Alberico Duca di Spoleto e Camerino (+ ucciso dalla plebaglia di Orte, estate 924) (alla sua morte il
j)                 feudo di Spoleto fu concesso a Pietro fratello del Papa Giovanni X – investitura del 926 ca. – grande nemico di
k)               Marozia);
l)        b)      = Roma 926 Guido Marchese della Toscana (* 894 ca. + 929)
m)    c)      = (il matrimonio era contro la legge essendo i due coniugi cognati, ma Ugo di Provenza con un giuramento falso
n)               affermò di essere figlio illegittimo del proprio padre e dunque di non avere legami di sangue con il fratello uterino
o)               Guido di Toscana) Castel Sant’Angelo (Mole Adriana), Roma 3-932 Ugo di Provenza Re d’Italia (+ in un
p)               monastero di Arles 10-4-947).
q)       
r)       B1. (ex 1°, frutto della relazione della madre con il suo amante Papa Sergio III ma accettato come figlio legittimo da
s)              Alberico di Spoleto, che sposò Marozia già incinta) Giovanni XI (* 909 ca. + secondo alcune fonti fu avvelenato,
t)              Roma 12-935, sepolto nella Basilica Lateranense), eletto Papa nel marzo del 931. Dopo la caduta del regime
u)             materno visse completamente sottomesso ai voleri del fratello Alberico II, che di fatto lo esautorò dal governo
v)             dell’Urbe.
w)  B2. (ex 1°) Alberico II (* 911/912 + Roma 31-8-954), Principe dei Romani. Ereditò l’immenso patrimonio fondiario
x)          dell’avo Teofilatto. Fu giovane ambizioso e audace, il giorno del matrimonio della madre con Ugo di Provenza
y)          organizzò una sollevazione popolare che cacciò il patrigno; tolta di mezzo la coppia, governò in maniera quasi
z)           assoluta Roma e lo stato della Chiesa, mettendo sotto tutela il fratello Giovanni XI e imponendo sulla Cattedra di
aa)        San Pietro dei pontefici ligi ai suoi voleri. Fu principe molto stimato in vita e amato dal popolo romano, sia per la
bb)       sua autorità che per l’abilità politica. All’inizio del suo governo propugnò una audace politica filo-bizantina,
cc)        successivamente di amicizia con Ugo Re di Italia e infine di completa indipendenza da qualsiasi stato italiano o
dd)                     straniero. Diede una parvenza di amministrazione civile all’Urbe dopo secoli di anarchia, razionalizzò la struttura
ee)        dello stato pontificio separando, di fatto, il potere religioso da quello laico nel governo e diede netta prevalenza al
ff)         secondo rispetto al primo. Non interferì mai nelle specifiche competenze religiose della Chiesa. Appariva nei
gg)       documenti come “Alberico, per grazia di Dio, umile Principe e Senatore di tutti i Romani” e il suo nome stava
hh)       accanto a quello dei pontefici sulle monete. Primo e unico nella storia della Roma medioevale. Protesse Oddone di
ii)          Cluny che, grazie alle sovvenzioni elargite da Alberico, eresse numerosi conventi nel Lazio e ricostruì i monasteri di
jj)          Subiaco e Monte Soratte. In punto di morte volle mantenere la supremazia della sua famiglia facendo giurare agli
kk)       Optimates romani che avrebbero sostenuto suo figlio Ottaviano all’elezione papale. Dopo di lui lo stato dei Teofilatti
ll)          probabilmente andò diviso tra i vari figli e cugini e ciò indebolì la dinastia a favore dei cugini Crescenzi, che
mm)                   subentrarono ai conti di Tuscolo nel governo di Roma fino al 1012.
nn)  a)      = ca. 935 Alda, figlia di Ugo di Provenza Re d’Italia e di Willa di Borgogna dei Conti di Provenza (+ ante 954)
oo)  b)      = Stefania “Senatrix”, nobildonna romana, forse sorella del Papa Giovanni XIII (965-972), da cui ebbe una
pp)           donazione nel 970. E’ incerto se sia da identificare con una delle due donne (l’altra si chiamava Marozia) che
qq)           appaiono in un atto di donazione del 945 e che vengono menzionate come “nipoti” di Marozia sua suocera.
rr)      
ss)    C1. (ex 1°) Ottaviano (* ca. 936 + Roma 14-5-964), consacrato Papa con il nome di Giovanni XII a Roma
tt)            nel 12-955 e primo dei papi a cambiare il nome al momento dell’ascesa al Soglio. Fu uomo corrottissimo,
uu)         malvisto dal popolo e da una parte della gerarchia ecclesiastica. Al momento dell’invasione tedesca del 963 fu
vv)         deposto da un sinodo illegittimo convocato a Roma dall’Imperatore Ottone I (il 6-11-963), ma Giovanni XI
ww)                          tornò al potere poco dopo rientrando nell’Urbe e sconfessando, a sua volta, il nuovo pontefice filo-imperiale
xx)                      con un contro-Sinodo tenuto nel febbraio del 964.
yy)  C2. (ex 1°) Deodato
zz)   C3. (ex 2° ?, alcuni studiosi lo ritengono nipote di Alberico, figlio di un non ben documentato Teofilatto e di una Marozia dei
aaa)                           Crescenzi. Per motivi cronologici sembra piuttosto essere stato un figlio minore di Alberico II e della senatrice Stefania. A
bbb)                            sostegno di questa ipotesi c’è il fatto di apparire nelle cronache solo verso il 980 ad una età che si aggira attorno ai trent’anni)
ccc)                             Gregorio I de Tusculana” (+ poco dopo 1002/ante 1012), Signore di Galeria, Arce e Preneste, fu il primo 
ddd)                        della famiglia a portare il titolo di Conte di Tuscolo (nota : probabilmente il titolo di “Conte” derivava dalla carica di 
eee)                             Conte del Sacro Palazzo Lateranense, esercitata da Gregorio o da altri suoi parenti diretti), castello che forse fu costruito
fff)        dal padre attorno alla metà del secolo X. Da Gregorio I in poi tutti i discendenti sono detti Tuscolani. Veniva
ggg)                          menzionato con la qualifica di “excellentissimus vir”. Rettore Apostolico di Sant’Andrea nel 980, Senatore di
hhh)                          Roma nel 981; “Praefectus Navalis” durante la permanenza romana dell’Imperatore Ottone II (982/983), fu
iii)           uomo di fiducia del Papa Silvestro II; guidò la rivolta contro l’Imperatore Ottone III e fu eletto capo della
jjj)           repubblica romana il 16-2-1001 dopo l’espulsione dei Crescenzi, ma fu costretto, dai medesimi, a lasciare la
kkk)                          carica nel 1002.
lll)           = Maria (+ ante 2-6-1013).
mmm)              
nnn)                          D1. Alberico III (+ post 1033/ante 1044), Conte di Tuscolo, Signore di Arce, Preneste e Galeria, Comes 
ooo)                                 Sacri Palatii Lateranensis e Console. Il fratello Giovanni XIX lo aveva creato Senatore ma rinunciò al
ppp)                                 titolo per assumere quello meno appariscente di Console e per evitare tensioni con l’Imperatore Enrico II,
qqq)                                 protettore politico del fratello. Alla morte di Papa Giovanni XIX rifiutò la successione al soglio pontificio
rrr)                in favore del giovane figlio. Da quanto riportato indirettamente nelle fonti dell’epoca sembra essere stato
sss)               il figlio maggiore di Gregorio I.
ttt)                = Emmelina
uuu)                    
vvv)                                 E1. Gregorio II (+ post 1054/ante 1058), Conte di Tuscolo, amministrava Roma con la carica di Console.
www)                                 Si conoscono pochissimi particolari sulla sua persona e solo in relazione alla storia del fratello papa.
xxx)                                       Nel 1044 guidò la spedizione che restaurò Benedetto IX a Roma.
yyy)                            = ………..
zzz)                     
aaaa)                                     F1. Gregorio III (+ ca. 1126), Conte di Tuscolo. Per i suoi discendenti v. Colonna
bbbb)                



Gregorio III (+ 1126), Conte di Tuscolo. Sposa N.N.
  
A1. Tolomeo I, Conte di Tuscolo, Console di Roma.
       = ……..

       B1. Tolomeo II (+ post 1153), Conte di Tuscolo, Prefetto di Roma nel 1116.
              = Berta Pierleoni, di nobile casata romana

              C1. Rayno
              C2. Giordano (+ ca. 1167), Conte di Tuscolo e Signore di Gavignano.
                     = …….

                     D1. Giovanni, Signore di Gavignano. Ultimo signore del castello di Tuscolo, che fu raso al suolo nel 1191 dalle
     truppe pontificie.
                     D2. Tolomeo

              C3. Gionata

A2. Pietro Colonna (Petrus de Columna – nota: il cognome Colonna viene generalmente indicato come derivante dal
       nome dell’omonimo castello posseduto dal fondatore del casato; tale castello è menzionato per la prima volta come
       possedimento dei Tuscolani in un diploma datato 1-1-1047. Secondo altre ipotesi, altrettanto valide, il cognome sarebbe
       stato originato dalla residenza romana della famiglia, nel quartiere della Colonna Traiana, a Roma) (* ca. 1078 + ca.
       1108), Signore di Colonna, Monteporzio, Zagarolo e Gallicano e forse di altre terre portate in eredità dalla moglie. La
       parentela con Gregorio III Conte di Tuscolo è conosciuta solamente attraverso un documento concernente una sua
       donazione, fatta al monastero di Monte Cassino, in cui dichiarava di esserne il figlio.
       = Contessa Elena Signora di Palestrina, vedova di un Donodeo e forse parente del Papa Pasquale II.

       B1. Pietro (+ post 1118), Signore di Colonna, Monteporzio, Zagarolo, Gallicano, Cave e Palestrina; ebbe una violenta
              lotta con il Papa Pasquale II per il possesso di Palestrina, Zagarolo e Cave tra il 1108 e il 1118.
              = ………

             C1. Carsidonio (+ post 1152), Signore di Colonna, ricordato con il fratello Oddone in un atto del 1152 in cui
                    vendeva al Papa Eugenio III parte dei suoi beni presenti Tuscolo.
             C2. Oddone (+ post 1152), Signore di Colonna, Monteporzio, Zagarolo, Gallicano e Palestrina.
        = ……….

                    D1. Giordano (+ post 1188), Signore di Colonna, Monteporzio, Zagarolo, Gallicano e Palestrina, citato
   nell’atto di concordia stipulato tra Papa Clemente III e il Senato di Roma.
   = …..
      
                           E1. Giordano (+ post 1252), Signore di Colonna, Monteporzio, marchese di Zagarolo, Gallicano e Palestrina
                                 = Francesca, figlia di Paolo Conti, feudatario e nobiluomo romano

Federico Colonna detto Romano (+ post 1255) figlio di Giordano Colonna marchese di Zagarolo, si trasferisce in Sicilia; Capitano Generale della Sicilia nel 1223. I suoi discendenti assumono il cognome Colonna Romano. Alcuni storici dubitano che sia stato fratello dell’Arcivescovo di Messina Giovanni Colonna. Sposa (dotali: Messina 1225) Lucrezia d’Anicia, Nobile di Messina, erede della terra di Savoca.

La gens Anicia

 era una delle famiglie della Repubblica e dell'Impero romano. Anici (lat. Anicii). - Famiglia romana originaria di Preneste. Durante l'epoca repubblicana poco emerse nella vita pubblica: essa contò infatti tra i suoi membri un solo console, Lucio Anicio Gallo, che come pretore vinse (168 a. C.) Genzio re dell'Illiria e ottenne il consolato nel 160. Durante l'Impero gli A. raggiunsero grande splendore, occupando cariche importanti. Nel 4º sec. la linea maschile si spense, ma il nome fu continuato per discendenza femminile mediante imparentamenti con altre nobili famiglie (Amnii, Pincii, Petronii, Annii, Auchenii). Gli A., convertiti al cristianesimo, combatterono la vecchia nobiltà pagana. Alla gente Anicia appartennero Petronio Massimo e Olibrio imperatori, Boezio, Gregorio Magno

Petronio Massimo (latino: Petronius Maximus; 396 circa – Roma, 22 aprile 455) fu imperatore romano d'occidente dal 17 marzo 455 alla propria morte.

 Flavius Anicius Olibrius  Imperatore dell’ Impero Romano d’Occidente    + 472 Sposa Placidia figlia dell’Imperatore Valentiniano III e Licinia Eudosia.




A1. Antonio                                                                   
A2. Giovanni, Stratigò di Messina nel 1310.                  
       = Olivetta Saccano

       B1. Federico, compra la terra di Palizzi, Giudice di Messina nel 1276, Stratigò di Messina nel 1310.
       B2. Maestro Cristoforo (+ Messina 1347, testamento: 28-4-1347), di professione faceva il medico in Messina; 1°
             Barone di Cesarò con Privilegio datato Casale di Odorgrillo 9-1-1334 jure francorum, con l’obbligo di presentare
             una balestra in tempo di guerra; Stratigò di Messina nel 1320 e 1328, Protomedico del Regno di Sicilia, ebbe in
             concessione il feudo di onze 48 annuali sui proventi del macello di Palermo.
              = 1320 Lucia Chiaromonte, figlia di Manfredi Conte di Modica

              C1. Giovanni Antonio, 2° Barone di Cesarò (senza investitura) dal 1347, ebbe in concessione anche i feudi di
                     Salina, Pantano di Rovetto della Marina di Noto.
              C2. Tommaso (+ Messina 1413), 3° Barone di Cesarò e della terra e feudo di Santa Lucia; 1° Barone di
                     Fiumedinisi con Privilegio del 15-5-1392; rinuncia al feudo delle 48 onze annuali sul macello di Palermo in
                     cambio del reddito della gabella del biscotto, sego e canape di Palermo (concessione del 7-4-1393); Signore
                     di Mascalucia e Calatabiano nel 1395, Signore di Montalbano con concessione datata Siracusa 15-11-1396
                     avuta in cambio della cessione di Calatabiano; ebbe delle concessioni feudali a Licata nel 1398, Signore di
                     Savoca, Sant’Alessio, Bissana, Gisia, e Favarotta; Gran Giustiziere di Sicilia il 23-12-1398, giura fedeltà al
                     Re di Aragona e Sicilia nel 1412, e Senatore di Roma; 1° Barone di Fiumedinisi con privilegio del 15-5-1392.
                     = ……..

                     D1. Cristoforo (+ 1453), 4° Barone di Cesarò, Sant’Alessio, Savoca e Signore di onze 40 annuali sopra la
                            Regia Dogana di Messina (investito il 14-5-1420).
     = …….

                            E1. Giovanni Antonio (+ 1455), 5° Barone di Cesarò e Signore di 40 onze annuali sopra la Regia
                                  Dogana di Messina (investito il 20-7-1453), permuta Salina (Pantano del Rovetto) in cambio di alcune
                                  terre a Noto con atto del 12-11-1453.
           = ……..

                                  F1. Tommaso, 6° Barone di Cesarò e Signore di 40 onze annuali sopra la Regia Dogana di Messina
     (investito il 10-10-1455).
     = ………..

                                         G1. Giovanni Antonio, 7° Barone di Cesarò e Signore di onze 40 annuali sopra la Regia
 Dogana di Messina (senza investitura).
                                         G2. Paola, 8° Baronessa di Cesarò e Signore di 40 onze annuali sopra la Regia Dogana di
                                                Messina (investita l’11-4-1514 e 28-7-1515).
                                                = Gian Giacomo Colonna Romano Barone di Fiumedinisi (vedi/see) oltre)

                     D2. (Secondo lo Spucches era terzogenito, in questa posizione per Litta e Imhoff) Filippo, 2° Barone di
                            Fiumedinisi ante 1408.
                            = ………

                            E1. Maria
                                  = Bernardo Calafato
                            E2. Nicolò, 3° Barone di Fiumedinisi.
           = ………

                                  F1. Tommaso, 4° Barone di Fiumedinisi, ambasciatore del Re d’Aragona nel 1445.
                                  F2. Giovanni Francesco, 5° Barone di Fiumedinisi (investito l’8-3-1505).
     = ……….

                                         G1. Matteo
                                         G2. Giovanni Giacomo Mariano, 6° Barone di Fiumedinisi (investito il 17-10-1524).
                                                = Paola Colonna Romano 8° Baronessa di Cesarò (vedi/see) sopra)

                                                 H1. Nicolò (+ 1574), 7° Barone di Fiumedinisi (investito il 31-1-1538), 9° Barone di
                                                        Cesarò e Signore delle 40 onze annuali sopra la Regia Dogana di Messina (investito il
         29-3-1544 e con Fiumedinisi 11-12-1557), Senatore di Messina.
                                                         = Agata Staiti

                                                         I1. Antonio, 8° Barone di Fiumedinisi,10° Barone di Cesarò e Signore delle onze 40
               sulla Regia Dogana di Messina (investito il 1-4-1574); Capitano Giustiziere di
               Palermo 1576/1577.
                                                              = Simona Ruiz Signora di Santo Stefano

                                                               J1. Mario, 9° Barone di Fiumedinisi, 11° Barone di Cesarò e Signore delle onze
                                                                     40 sulla Regia Dogana di Messina (investito il 19-4-1589 e 20-7-1600),
          Pretore di Palermo.
                                                                     = Ippolita Statella dei Marchesi di Spaccaforno

                                                                     K1. Antonino, 10° Barone di Fiumedinisi, 12° Barone di Cesarò e Signore di
                                                                            onze 40 sulla Regia Dogana di Messina (investito il 4-5-1605), Capitano
     Giustiziere di Palermo nel 1577.
                             = (dote: Messina 26-5-1605) Isabella Lanza, figlia di Pietro Barone del
                                 Mojo e di Silvia Abate

                              L1. Placido, 11° Barone di Fiumedinisi e 13° Barone di Cesarò e
                                     Signore delle 40 onze sulla Regia Dogana di Messina (senza
                                     investitura).

                                                                     K2. Giuseppe, 12° Barone di Fiumedinisi e 14° Barone di Cesarò e Signore
                                                                             delle onze 40 sulla Dogana Regia di Palermo (investito il 9-10-1610).
                                                                             = Maria Antichi, figlia di Tommaso Barone di Giancascio (Jancascio);
          (15°) Baronessa di Cesarò e (12°) Baronessa di Fiumedinisi investita il
          22-3-1622 per espropriazione, ma in seguito i feudi furono restituiti
          al marito.

                                                                            L1. Margherita
                                                                                   = Don Pietro Branciforte Principe di Leonforte (vedi/see)
                                                                            L2. Tommaso, 13° Barone di Fiumedinisi e 15° Barone di Cesarò e
Signore di onze 40 sopra la Regia Dogana di Messina per rinuncia
del padre (investito il 2-4-1649), Barone di Jancascio e Realturco
dal 1666.
a)   = Margherita La Restia
b)      = Eleonora Caterina Cirino (+ post 26-7-1699).

    M1. Don Calogero Gabriele (+ Palermo 30-7-1740), 16°
            Barone di Cesarò e 14° Barone di Fiumedinisi per rinuncia
            paterna (investito il 7-8-1666), Barone di Jancascio e di
            Realturco e Signore delle onze 40 sulla Regia Dogana di
            Messina; 1° Duca di Cesarò (per rinuncia del suocero) e 1°
            Marchese di Fiumedinisi con Privilegio datato Madrid 1-10-
            1694 (esecutivo: Palermo 7-1-1695), compra la baronia di
            Godrano; Deputato del Regno di Sicilia nel 1698, Pretore di
            Palermo nel 1704/1705 e 1707/1708, Maestro Razionale
            del Supremo Magistrato del Real Patrimonio, Maestro di
            prova della zecca del Regno, Deputato del Regno di Sicilia;
a)      = 1680 Donna Anna Maria Ruffo, figlia di Don Antonio 1°
         Principe della Scaletta e di Alfonsina Gotho dei Baroni
         della Floresta (* 27-6-1655 + ?) (vedi/see)
b)      = (dotali: Palermo 25-11-1689) Donna Rosalia Joppolo,
                     figlia ed erede di Don Giovanni Antonio Signore di Joppolo
                     e Conte di Sant’Alessio, Presidente del Real Patrimonio,
                     Vicario Generale di Messina e Reggente del Consiglio
                     Supremo d’Italia e concessionario del ducato di Cesarò
                     dell’Isola con Diploma datato Madrid 10-8-1693
                     (esecutivo il 1-10-1693 ma il titolo venne ceduto il 17-6-
                     1694 al genero Colonna Romano).

           N1. (ex 1°) Donna Leonora
                  = Palermo 22-6-1701 Don Antonio Ruffo 3° Principe della
                     Scaletta (vedi/see)
           N2. (ex 2°) Don Giovanni Antonio (+ Livorno 12-1764),
                  rinuncia alla successione perché divenuto sacerdote da
                  vedovo.
                  = Donna Eleonora Branciforte, figlia del Duca Don Ercole
        Michele 8° Principe di Butera e di Donna Caterina
        Branciforte dei Principi di Butera (vedi/see)

                 O1. Donna Rosalia
                        = Don Luigi Ruggero Ventimiglia 12° Principe di
                           Castelbuono (vedi/see)
                 O2. Don Calogero Gabriele, 2° Duca di Cesarò,
                        2° Marchese di Fiumedinisi, Conte di Sant’Alessio,
                        Barone di Godrano (titolo venduto l’8-5-1763),
                        Barone di Jancascio e Realturco, Signore di Joppolo,
                        Signore di onze 40 sulla Regia Dogana di Messina
                        (investito nel 16-4-1744, con Lettere Viceregie del
                        24-4-1744); Cavaliere dell’Ordine di Malta dal
                        8-1751, Maestro di prova e Capo della zecca di
                        Palermo.
a)       = Palermo 4-2-1743 Donna Melchiorra Ventimiglia,
          figlia di Don Antonio 1° Principe di Grammonte e
          Conte di Prades e di Donna Giovanna Spinola
          Principessa di Grammonte (+ Fiumedinisi 4-2-
          1773) (vedi/see)
b)       Palermo 30-7-1785 Giovanna, figlia di Francesco
           Ayala, già vedova di Don Giuseppe Maggiore

   P1. (ex 1°) Donna Vittoria
          = Don Salvatore Gravina Principe di Comitini
   P2. (ex 1°) Donna Giovanna
          = Don Alessandro Galletti Marchese di Santa
             Marina
   P3. (ex 1°) Don Giovanni Antonio (* 1744 +
          Fiumedinisi 12-1793), 3° Duca di Cesarò, 3°
          Marchese di Fiumedinisi, Conte di Sant’Alessio,
   Barone di Jancascio e Realturco, Signore di
          Joppolo e Signore di onze 40 sulla Regia Dogana
          di Messina; Governatore del Monte di Pietà a
          Palermo, Maestro di prova della zecca di Palermo.
          = Palermo 1785 Donna Eleonora Requesens e
             Branciforte, figlia di Don Giuseppe Antonio
             Principe di Pantelleria e di Donna Maddalena
             Branciforte e Branciforte dei Principi di Butera
             (+ Palermo 6-5-1823).

          Q1. Don Calogero (* Palermo 1788 + 1839), 4°
                 Duca di Cesarò, 4° Marchese di Fiumedinisi,
                 Conte di Sant’Alessio, Barone di Jancascio e
                 Realturco, Signore di Joppolo e Signore di
                 onze 40 sulla Regia Dogana di Messina dal
                 1793, Pari del Regno di Sicilia per Cesarò
                 e Reitano 1812/1839.
                 = Palermo 4-6-1806 Donna Girolama (o
                    Emilia) Filingieri e Alliata, figlia di Don
                    Bernardo 5° Principe di Mirto e di Donna
                    Vittoria Alliata dei Principi di Villafranca
                    (* 31-3-1780 + 18-4-1864) (vedi/see)

                 R1. Donna Eleonora (* 2-4-1807 + 189…)
                        = Cavaliere Gioacchino Spinelli dei
                           Baroni di Scala
                 R2. Don Giovanni (* Palermo 6-1-1810 +
                        ivi 24-1-1869), 5° Duca di Cesarò, 8°
                        Duca di Reitano, 5° Marchese di
                        Fiumedinisi, Conte di Sant’Alessio,
                        Barone di Jancascio e Realturco, Signore
                        di Joppolo e Signore di onze 40 sulla
                        Regia Dogana di Messina 1839/1869,
                        Pari del Regno di Sicilia 1839/1848;
                        Governatore della provincia di Palermo
                        nel 1860, Senatore del Regno d’Italia,
                        Prefetto di Bergamo e Siracusa, Gran
                        Ufficiale dell’Ordine dei Santi Maurizio e
                        Lazzaro e Commendatore dell’Ordine
                        della Corona d’Italia.
                        = Maria Giuseppa De Gregorio, figlia di
                           Francesco De Gregorio Cardillo dei
                           Marchesi di Poggiogregorio e di Donna
                           Maria Felicita Alliata dei Duchi di
                           Saponara (* 1817 + 12-2-1868).

                        S1. Don Calogero Gabriele (* Messina
            30-4-1841 + Livorno 8-7-1878), 6°
            Duca di Cesarò, 9° Duca di Reitano,
            6° Marchese di Fiumedinisi, Conte di
                              Sant’Alessio, Barone di Jancascio e
                              Realturco, Signore di Joppolo e
                              Signore di onze 40 sulla Regia Dogana
                              di Messina dal 1869; Deputato
                              italiano, letterato e pubblicista.
                              = Livorno 7-1876 Emelina o Edith,
                                 figlia del Barone Isacco Sonnino
                                 (* Livorno …...+ post 1905),
                                 sorella del Ministro Sidney Sonnino.

                              T1. Don Giovanni Antonio (* Roma
                                     22-1-1878 + ivi 7-11-1940), 7°
                                     Duca di Cesarò, 10° Duca di
                                     Reitano, 7° Marchese di
                                     Fiumedinisi, Conte di S. Alessio
                                     Barone di Jancascio e Realturco,
                                     Signore di Joppolo e di onze 40
                                     sulla Regia Dogana di Messina dal
                                     1878 (titoli riconosciuti nel 1902);
                                     Consigliere provinciale
                                     d’Agrigento, Consigliere del
                                     mandamento di Raffadali,
                                     Consigliere per il mandamento
                                     d’Aragona, Consigliere comunale
                                     di Palermo, Deputato eletto al
                                     parlamento italiano nel 1909,
 1913, 1919, 1921 e 1924,
                                     Ministro delle poste e Presidente
                                     della Commissione Parlamentare
                                     per gli Affari Esteri e le Colonie;
                                     letterato e pubblicista.
                                     = Roma 21-4-1920 Barbara,
                                        figlia del Conte Paolo Antonelli
     e di Elena Zarin (+ Roma 11-
          8-1969).

                                     U1. Donna Simonetta (* Roma
   1922)
a)      = 1946 il Conte Don
          Galeazzo Visconti dei
          Duchi di Modrone (vedi/see)
          divorzia a Roma il
          23-3-1959;
b)      = Alberto Fabiani.
                                                                                                                                         U2. Donna Mita (* Roma 26-9-
  1923 + 14-2-1985)
  = 16-4-1945 Uberto Corti
     dei Marchesi di Santo
     Stefano Belbo, Patrizio di
     Pavia (vedi/see)

                      S2. Don Francesco (* 12-9-1845 +
                            21-8-1879), Duca di Reitano.
                            = Palermo 23-2-1870 Caterina
                               Cammarata (* Corleone 1852 + ?).

                            T1. Donna Giuseppina (* 9-11-1870
                                   + 8-2-1880).
                            T2. Don Giovanni Antonio
                                   (* 16-9-1873 + 22-1-1893),
                                   Duca di Reitano.

               R3. Donna Vittoria (* 1816 + 189…)
                     = Louis Granet

   P4. (ex 1°) Donna Rosalia
          = ……… Barone Calciaria
   P5. (ex 1°) Don Luigi
          = Giuseppina Anfossi

          Q1. Donna Melchiorra
                 = Don Vitale Massa Principe di Castelforte (vedi/see)
          Q2. Don Pietro, monaco benedettino nella
                 Congregazione di Monte Cassino.
          Q3. Don Calogero
          Q4. Donna Rosalia
          Q5. Don Giovanni Antonio, monaco
                 Benedettino nella Congregazione di Monte
                  Cassino

   P6. (ex 1°) Donna Eleonora (* 1746 + ?)
          = Palermo 21-4-1768 Don Federico Spadafora 7°
             Principe di Maletto (vedi/see)

                                                                                       N3. (ex 2°) Giovanna
                                                                                              = Arnoldo di Santa Colomba Conte di Isnello

                                                                                 M3. Don Francesco (+ testamento: 22-6-1649), 1° Duca di Reitano
      con privilegio datato Madrid 13-3-1639 (esecutivo 2-3-1641);
      Governatore della Compagnia dei Bianchi di Palermo nel 1633,
      1634, 1644 e 1645, Avvocato fiscale e Giudice a Palermo nel
      1634, Capitano Giustiziere di Palermo nel 1634/1635, Tesoriere
      Generale del Regno di Sicilia.
                                                                                         = Margherita del Colle

                                                                                         N1. Don Antonio (+ 26-2-1702), 2° Duca di Reitano investito
                                                                                                15-7-1650 e 16-9-1666, Barone di Biscotto dal 1637,
              Governatore della Compagnia dei Bianchi a Palermo nel
  1667, Governatore del Monte di Pietà di Palermo nel 1672,
  1673 e 1675.
a)      = Donna Flavia de Leyva, figlia ed erede di Don Luigi
         Conte di Monza e di Giovanna Sammaniati Baronessa
         di Sabuci (+ Palermo 29-7-1645);
b)      = (dotali: Palermo 4-11-1652) Flavia Alliata, figlia di
         Giuseppe 2° Barone della Scanatura e di Margherita
         Giardina e Bellacera (+ Roma 1720) (vedi/see), già vedova
         di Don Antonino Lucchesi Palli 2° Principe di
         Campofranco.

                 O1. (ex 2°) Donna Margherita (+ Villafranca 16-1-1700)
                        = Palermo 25-8-1681 Don Francesco Alliata 3°
                           Principe di Villafranca e 3° Duca di Salaparuta (vedi/see)
                 O2. (ex 2°) Don Ferdinando, 3° Duca di Reitano e 2°
                        Barone di Biscotto dal 1702 (investito il 23-2-1703),
                        Governatore del Monte di Pietà di Palermo nel
                        1701/1702, Governatore della Compagnia dei Bianchi
                        a Palermo nel 1704.
                 O3. (ex 2°) Don Mario (+ Palermo 31-1-1738), 4° Duca
                        di Reitano e 3° Barone di Biscotto (investito il 31-7-
                        1720).
                        = Donna Caterina Giglio, figlia ed erede di Don
                           Girolamo Principe di Lascari e Torretta e di Donna
                           Laura Filingeri (+ Reitano 7-9-1725), investita del
                           principato paterno il 20-9-1717.

                        P1. Don Antonio (+ Reitano 22-11-1750), 5° Duca di
                              Reitano e 4° Barone di Biscotto, 1° Principe di
                              Lascari e Torretta investito l’11-7-1744.
                              = Donna Anna Maria Gravina, figlia di Don
                                 Ferdinando Principe di Comitini e di Donna
                                 Antonia Gravina dei Principi di Ramacca (+ post
                                 1753).

                              Q1. Donna Maria Caterina
                                     = 22-1-1766 Don Giulio Tomasi 7° Duca di
                                        Palma e 6° Principe di Lampedusa (vedi/see)
                              Q2. Don Mario (* 1749 + Palermo 18-12-1828),
                                     2° Principe di Lascari e della Torretta, 6° Duca
                                     di Reitano e 5° Barone di Biscotto investito il
                                     15-4-1752; compra il feudo di Francavilla
                                     Oliveto il 13-11-1759.
                                     = 1768 Donna Caterina Oneto e Gravina, figlia
                                         di Don Francesco Principe di San
                                         Bartolomeo e di Donna Stefania Gravina e
                                         Moncada dei Principi di Montevago

                                      R1. Don Antonio (* Palermo 1770 + ivi 4-
                                             10-1839), 3° Principe di Lascari e della
                                             Torretta, 7° Duca di Reitano, 6° Barone
                                             di Biscotto e Barone di Francavilla Oliveto
                                             dal 1828.
                                             = Palermo 1796 Donna Anna Vanni, figlia
                                                di Don Gaetano Ignazio 2° Duca di
                                                Archirafi e di Desiata Inveges dei
 Baroni del Ponte di Sciacca (* 1778
 + ?) (vedi/see), separati.
                                      R2. Don Francesco Paolo (+ Palermo 27-6-
                                            1837).
                                      R3. Donna Marianna
                                             = 24-9-1797 Don Giovanni Carmelo De
                                                Gregorio e Oneto Marchese del
                                                Parcoreale

                              Q3. Don Antonio (+ Palermo 1800), monaco
                                     benedettino, Vescovo titolare di Filadelfia e
                                     Abate di Santa Maria di Pedales.

                               N2. Don Pietro (+ 7-1652).

                                                                                  M4. Biagio, divenne Canonico di Catania da vedovo.
                                                                                          = Beatrice Asmondo

                                                                                          N1. Francesco, visse a Catania.
                                                                                                 = Anna Gioeni

                                                                                                 O1. Antonio                                              

                                                                            L2. Cesare
                                                                            L3. Cornelia
                                                                                   = Vincenzo Colonna Romano (vedi/see) oltre)

                                                              J2. Eleonora
                                                                    = ……. Barone di Calatafimi
                                                              J3. Cornelia
                                                                    = ……… Barone d’Andrea

                                              G3. Beatrice
                                                     = Don Antonio Marchesi dei Principi della Scaletta
                                              G4. Agata
                                                     = Paolo Moleti

                     D3. (Secondo lo Spucches era secondogenito) Giovanni/Giovannello (+ premorto al padre), 2° Barone di
     Montalbano per donazione paterna del 20-4-1402.
                            = Agata Filangieri

                            E1. Giovanni, 3° Barone di Montalbano (investito nel 1453).
                                   = Beatrice Barrese (secondo lo Spucches sposa Costanza de Monterabio)

                                   F1. Bartolomea
                                         = 1465 Guglielmo Raimondo V Moncada Conte della Noara (vedi/see)
                                   F2. Tommaso, 4° Barone di Montalbano (investito nel 1463, già confiscato per omicidio).
a)      = Flavia Spadafora
b)      = Giacomella de Balsamo

G1. Girolamo (+ assassinato …….)
       = Eleonora, figlia di Giovanni Enrico Balsamo

       H1. Angelica o Angela (+ post 1495), pretendente alla successione di Montalbano.

G2. Pietro, 5° Barone di Montalbano per donazione paterna (investito nel 1495 e 22-12-1516).
       = Bartolomea Colonna Romano di Fiumedinisi

       H1. Antonio/Antonino, 6° Barone di Montalbano (investito il 15-6-1519), Secreto della
             città di Termini, 1° Barone del Ponte di Termini (ponte da lui costruito per lo scarico delle
             merci a Termini e su cui faceva pagare un dazio con privilegio perpetuo, con l’obbligo di
             prestare un cavallo armato in tempo di guerra per ogni 20 onze di rendita) investito il
             20-12-1516.
             = Beatrice Ventimiglia

             I1. Vincenzo (+ post 1539), 7° Barone di Montalbano (investito il 17-10-1534).
                  = Cornelia Colonna Romano

                  J1. Francesco (+ post 1552), 8° Barone di Montalbano (investito il 3-1-1552).
                  J2. Fabrizio (+ post 1563), 9° Barone di Montalbano (senza investitura ?).
                        = Giovanna Gioeni (+ dopo il marito).

                        K1. Vincenzo (+ 9-7-1586), 10° Barone di Montalbano (investito 24-11-1578)
                               = Cornelia Colonna Romano (vedi/see) sopra)
                        K2. Antonia, 11° Baronessa di Montalbano (investita il 5-7-1587 e il 7-8-1600)
                               = Filippo Bonanno e La Rocca Barone di Canicattì e 11° Barone di
                                  Montalbano (investito maritali nomine il 5-7-1587)

                  J3. Carlo
                        = ………

                        K1. Un figlia
                               = Gregorio de Gregori
                        K2. Francesco
                               = ………

                               L1. Niccolò
                                     = Francesca Miquel y Morna, vedova di Vincenzo Colonna Romano
                               L2. Paolo, sacerdote.
                               L3. Carlo, monaco domenicano “frà Giacinto”.
                               L4. Mario, monaco domenicano “frà Tommaso”.

                        K3. Fabrizio

             I2. Giovanni Forte (vivente 1527/1542 ca.), 2° Barone del Ponte di Termini, 1° Barone
                  di Resuttano (investito il 4-11-1530).
                   = Caterina Ventimiglia Baronessa di Resuttano con i feudi di Rachilebi e Raxafica
                      (investita il 4-11-1530 e 31-1-1558), figlia ed erede del Barone Giovan Silvestro

                   J1. Giovanni Battista, 3° Barone del Ponte di Termini (investito il 18-1-1541)
                         = Diana La Farina dei Baroni d’Aspromonte

                         K1. Giovanni Forte, 4° Barone del Ponte di Termini (investito il 31-5-1553 e
                                22-1-1558), 2° Barone di Resuttano con Rachilebi e Raxafica (investito il
                                1-6-1569, rinnovo del 31-10-1570).
                                = Giovanna Milanese

                                 L1. Giovanni Battista, 5° Barone del Ponte di Termini per donazione
                                        paterna (investito il 4-11-1596 e 26-8-1600), titolo venduto ai Vanni;
                                        3° Barone di Resuttano con Rachilebi, Raxafica e Irosa (investito il
                                        4-11-1596 e 26-8-1600); vende il feudo di Irosa con licenza viceregia
                                        del 25-10-1608; vende Resuttano, Rachilebi e Raxafica ai Di Napoli.
                                        = Beatrice Bonanno
                                 L2. Agata
                                       = (contratto: Palermo 25-2-1592) Vincenzo Notarbartolo 3° Barone di
                                          Vallelunga (vedi/see)

                          K2. Agata
                                 = (contratto: Palermo 10-3-1570) Gaspare Notarbartolo 2° Barone di
                                    Vallelunga (vedi/see)

             I3. Carlo

       H2. Cesare
              = Caterina d’Amico, da Messina.

              I1. Francesco
                   = Caterina Falcone, da Messina.

                   J1. Vincenzo
                         = Aurelia Capponi

                         K1. Francesco
                                = Vittoria d’Amico

                                L1. Cesare, Canonico del Laterano nel 1655.
                                L2. Ferdinando
                                L3. Antonio, viene chiamato a Roma dal Principe di Paliano nel 1659 e
                                      riconosciuto come cugino; Nobile Romano, Conservatore di Roma nel
                                      1689, 1693 e 1694.
                                      = Flavia, figlia di Filippo Ruiz Barone di Castel San Pietro (+ 4-8-1705).

                                      M1. Girolamo (* 1662 + Roma 27-10-1730), Nobile Romano,
                                              Cameriere di Cappa e Spada del Papa, Foriere Maggiore dei
                                              Sacri Palazzi Apostolici nel 1703.
                                              = Nobile Maddalena Rosolini (+ Roma 20-2-1756).

                                             N1. Antonio (* 1711 + Roma 2-2-1779), Nobile Romano,
                                                    Cameriere Segreto sopranumerario del Papa, Priore dei
                                                    Caporioni nel 1745, Conservatore di Roma nel 1747, 1752 e
     1762.
                                                                                             = 1757 Maria Elena, figlia del Conte Pietro Bonarelli
                                                                                                Conservatore di Roma e Patrizio Romano Coscritto
                                                                                                (* 1728 + 1769).
                                             N2. Vincenzo (+ 2-1-1787), Nobile Romano, Canonico di San
                                                    Giovanni in Laterano 1743/1756, rinuncia; Priore dei
     Caporioni nel 1758, Edile delle strade nel 1761 e 1764,
     Conservatore di Roma nel 1764, 1766, 1770 e 1783.
                                                    = Imperia Boncompagni (+ 1-2-1797), vedova del Marchese
  Spada.

                                                    O1. Girolamo (+ 2-8-1814), Nobile Romano, Conte Palatino
                                                           Lateranense e Cavaliere dello Sperone d’Oro dal 1769,
                                                           Conservatore di Roma nel 1781, 1785, 1793, 1795 e
                                                           1798, Edile delle strade, Cameriere Segreto di cappa e
                                                           spada nel 1787, Brigadiere delle Guardie Nobili pontificie
      e Magistrato straordinario nella Giunta nel 1779.
                                                           = 1786 Marianna, figlia del Marchese Luigi Mariano
                                                               Bernini, Nobile Romano

                                                           P1. Maddalena, Nobile Romana
                                                                 = 1814 il Cavaliere Giuseppe Ciampelletti
                                                           P2. Imperia, Nobile Romana
                                                                 = 1817 il Conte Gregorio Zandri
                                                           P3. Conte Palatino Luigi, Nobile Romano
                                                                 = Giuliana, figlia del Marchese Luigi Bentivoglio
                                                                    e vedova del Conte Paolo Zambeccari Patrizio di
                                                                    Bologna
                                                           P4. Conte Palatino Vincenzo, Nobile Romano,
            Conservatore di Roma nel 1826 e 1832.
                                                                 = Donna Clara Colonna, figlia di Don Fabrizio dei
                                                                    Principi di Paliano e di Donna Bianca Doria del
   Carretto 7° Principessa di Avella (+ Roma 4-10-
   1847) (vedi/see)

                                                                 Q1. Teresa, Nobile Romana
                                                                 Q2. Antonio, Nobile Romano

                                                           P5. Cecilia, Nobile Romana
                                                                 = 1808 il Marchese Michelangelo Bisleti

                                                    O2. Filippo (+ 1827), Nobile Romano, Canonico di San
      Giovanni in Laterano.

                                      M2. Filippo (* Roma 18-6-1666 + Tivoli 2-7-1732), Nobile Romano,
                                              Canonico di San Lorenzo e Damaso a Roma, Canonico di San
                                              Giovanni in Laterano dal 1691.
                                      M3. Gaspare (* 1671 + 1754), Nobile Romano, Caporione
                                             di Trevi nel 1728, Caporione di Trastevere nel 1733.
                                      M4. Mario (* 1677 + Roma 17-1-1703), Nobile Romano.
                                      M5. Francesco (+ Roma 8-10-1749), Nobile Romano, Cavaliere e
                                              Commendatore dell’Ordine di Malta.
                                      M6. Vittoria (            + 6-6-1753      ), Nobile Romana.
a)      = …….. Patriarca
b)      = il Marchese Don Ottavio Rinaldo del Bufalo della Valle
         Patrizio Romano
                                                                               M7. Barbara (+ 1718), Nobile Romana.
a)      = ………. Palombara
b)      = ………. Palaggi
c)      = il Marchese Giovanni Battista Melchiorri, Nobile Romano
                                                                               M8. Maria Chiara, Nobile Romana, monaca carmelitana nel
                                                                                      monastero di Santa Maria Regina Coeli a Roma.
                                                                               M9. Maria (+ 1724), Nobile Romana
                                                                                      = Giuseppe Manfroni Nobile Romano e Priore dei Caporioni
                                                                                         di Roma nel 1698.
                                                                               M10. Teresa, Nobile Romana
                                                                                         = ……. Sperelli

                                L4. Andrea
                                L5. Giuseppe (+ post 1675), Senatore di Milazzo.

                   J2. Cesare
                         = Vittoria di Betto

                         K1. Francesco (+ Roma 1653), Vicario della basilica costantiniana, Vescovo di
                                Castro dal 17-7-1642.
                         K2. Maria
                                = Placido d‘Alberto, da Messina
                         K3. Vincenzo, Giudice del concistorio di Messina.
                                = Francesca Miquel y Morna, figlia del castellano di Milazzo

                                L1. Cesare (+ Roma 30-12-1668), chiamato a Roma dal Principe di
                                      Paliano nel 1659 e confermato suo cugino con atto di legge;
                                      Conservatore di Roma, Nobile Romano.
                                      = Flaminia, figlia di Porfirio de Magistris Nobile Romano e di una
                                         Laurenzi (+ Roma 1675).

                                      M1. Girolamo (+ Roma 18-12-1724), Nobile Romano.
                                      M2. Federico (* 1653 + 5-9-1711), Nobile Romano, Capitano
                                             della Guardia Nobile del Papa, Colonnello di reggimento papale.
                                      M3. Ersilia, Nobile Romana
                                      M4. Vincenzo (+ Vienna 1718), Nobile Romano, serve nell’armata
                                              austriaca.

                                L2. Antonia
                                      = Riccardo Annibaldeschi, Nobile Romano (+ 1666).

                         K4. Giuseppe, monaco cappuccino “frà Angelico”.

                            E2. Bernardino (+ post 28-3-1432).

                     D4. Benedetto, Barone di Calatabiano nel 1413 (confermato nel 1416), ebbe anche Melazzo e Castroreale e
                            la Signoria del biscotto, sego e canape di Palermo.

                            E1. Tommaso (+ post 1452), 2° Barone di Calatabiano, ebbe il castello di Sant’Alessio nel 1452.
                                   = Parisia Staiti.

                                   F1. Egidio (+ testamento 1476), Abate di San Pietro e Paolo a Messina.
                                   F2. Giacomella
                                   F3. Vittoria
                                   F4. Antonino
                                   F5. Tommaso (+ testamento 1500), 3° Barone di Calatabiano.
                                          = Giovanna Ruffo

                                          G1. Guglielmo
                                          G2. Guglielmo, Barone di Calatabiano.
                                                 = Betulla del Giudice

                                                 H1. Matteo, 5° Barone di Calatabiano.

                                                        I1. Francesco, 6° Barone di Calatabiano e Barone di Palizzi investito il 9-5-1580.
                                                             = Albina de Marco

                                                             J1. Scipione, 7° Barone di Calatabiano e Barone di Palizzi investito nel 1594.
                                                             J2. Pompeo, 8° Barone di Calatabiano e Barone di Palizzi, compra il feudo
                                                                  di Altavilla nel 1608; combatte a Lepanto e viene riconosciuto cugino dal
                                                                  Principe di Paliano.
                                                             J3. Giuseppe, 9° Barone di Calatabiano e Barone di Palizzi investito nel 1638.
                                                             J4. Maria
                                                                   = Giuseppe Colonna Romano (vedi/see) oltre)

                                                 H2. Bartolomeo
                                                        = Isolda Staiti

                                                        I1. Giovanni Guglielmo
                                                             = Antonia Scheghes

                                                             J1. Giuseppe
                                                                   = Maria Colonna Romano (vedi/see) sopra)

                                                                   K1. Chiara
                                                                          = Ignazio de Majo
                                                                   K2. Don Pompeo (+ 1694), 1° Marchese di Altavilla dal 18-3-1646,
                                                                          10° Barone di Calatabiano.
                                                                          = 1638 Donna Giovanna Barile, figlia di Don Giovanni Angelo 2° Duca di
                                                                              Caivano

                                                                          L1. Don Pompeo (+ ucciso in duello 1674)
                                                                                = ante 1663 Donna Vittoria Barile Duchessa di Sicignano e
                                                                                   1° Principessa di Spinoso (dal 1682), figlia di Don Antonio 3° Duca
                                                                                   di Caivano

                                                                                M1. Don Giuseppe (+ 1740), 2° Marchese d’Altavilla 1694/1716
                                                                                       (feudo venduto), 11° Barone di Calatabiano poi 2° Principe di
                                                                                       Spinoso, 1° Marchese di Guardia Perticara, Signore di Accetturo e
                                                                                       Gorgoglione.
Figlia di don Giuseppe marchese di Altavilla sul fiume Silente fu Candida Romano Colonna che sposò il marchese Bernardo de Natale Sifola Galiani di Casapulla diocesi di Capua il 25 marzo 1797 in s.Marco di Palazzo[1]


La famiglia COLONNA-ROMANO appartiene a quei Colonna che discendevano dai conti di Tuscolo, cioè dalla famiglia di Alberico 1° marchese di Camerino e duca di Spoleto che disposandosi a Marozia [2]

 figliuola di Teofilatto e di Teodora, della potente famiglia che dominava Roma nei primi anni del secolo X, pose su salde basi la forza e la grandezza della famiglia. Tolomeo 1° estendeva il titolo di Romanorum Consul Excellentissimus, e si diceva IULIA STIRPE PROGENITUS. Dal conte di Tuscolo, Gregorio II, nascevano Tolomeo e Pietro che dopo la morte del padre avvenuta prima del 1064, se ne dividevano la signoria, per modo che a Pietro spettò Monteporzio con le sue dipendenze, e tra queste il castello della Colonna sulle pendici dei Colli Albani , che diede poi il nome ai suoi discendenti. Nel 970, papa Giovanni XIII donò il feudo di Zagarolo a sua sorella Stefania dei conti di Tuscolo. Emersero da questa famiglia diversi santi e beati, molti cardinali, arcivescovi ed ambasciatori, non ché cinque papi:



Marozia

San Marcello 304/309.
 
San Sisto III 432/440,
Stefano IV 768/771,
Adriano III 884/885,

Martino V 1417/1437.

I Colonna furono creati marchesi nel 1289.
Federico figlio di Giordano Colonna signore e marchese di Zagarolo, si era trasferito nell’isola di Sicilia nel 1223 insieme al fratello Giovanni arcivescovo di Messina indi cardinale si S.R.C. morto nel 1244 e legato pontificio nella quinta crociata, e tenne la carica di capitano generale dell’imperatore Federico II e per questo si inimicò il papa Gregorio IV, morì prigioniero degli Orsini. Giacomo morto ad Avignone nel 1318 fu nominato cardinale dal papa Nicolò III. Salito al soglio papale Bonifacio VIII, Giacomo gli si oppose fieramente, specialmente perché il papa era della famiglia dei Caetani, acerrima nemica dei Colonna. Ma il papa spogliò i Colonna di tutti i beni e dignità per cui dopo una lunga resistenza in Palestrina essi si dispersero cercando rifugio in Francia. Il re di Francia, Filippo il Bello, sostenitore della assoluta autonomia e sovranità della monarchia nei confronti del papato, al rinnovato appello del divieto del pontefice di tassare gli ecclesiastici, rispose con un rifiuto, riunì gli Stati Generali e nel 1302 sul presupposto della diretta derivazione divina del potere regale, fu negata la supremazia pontificia sulla monarchia. Il conflitto ebbe l’epilogo nel 1303: nel marzo di quell’anno Guglielmo di Nogaret, abile giurista e consigliere del re in materia religiosa, accusò pubblicamente il papa di usurpazione, eresia e simonia. Bonifacio VIII annunciò l’imminente scominica di Filippo il Bello, ma il Nogaret raggiunse Anagni ed arrestò il pontefice. I partigiani francesi erano capeggiati da Giacomo Sciarra Colonna che avrebbe dato al papa il leggendario schiaffo detto di Anagni, ricordato da Dante Alighieri nel XX canto del Purgatorio. Giacomo e Pietro Colonna zio e nipote furono i più agguerriri oppositori di Bonifacio VIII. Il 3 maggio 1297 Stefano Colonna, altro nipote del cardinale Giacomo depredò sulla via Appia una carovana di muli che proveniva da Anagni e trasportava una ingentissima somma (oltre 200.000 fiorini d’oro) destinata al papa. Bonifacio XVIII convocò i due cardinali imponendo la restituzione e chiedendo la testa di Stefano. I fiorini furono restituiti, ma la testa di Stefano no per cui nacque un conflitto. I due porporati si rifuggiarono nel castello di Lunghezza e da lì pubblicarono un manifesto sottoscritto anche da Jacopone da Todi, nel quale si dichiarava illegittima l’elezione di Bonifacio XVIII e si faceva appello al giudizio di un consiglio generale. Il papa passò al contrattacco. Giacomo e Pietro furono privati della dignità cardinalizia, dichiarati scismatici e banditi. Poi arrivarono i durissimi provvedimenti contro l’intera famiglia ed i suoi fautori, con la confisca dei beni e la privazione dei beni, prerogative e benefici. Quindi l’azione militare, spinta fino alla conquista ed alla distruzione di molti castelli degli avversari e soprattutto della cittadina di Palestrina, loro pricipale roccaforte. I due ex porporati si videro costretti a fare atto di sottomissione al papa che avvenne in Rieti il 15 ottobre 1298, quindi a prendere la via di un lungo esilio, che li porterà in Francia. Solo nel 1305 Clemente V li reintegrirà nella dignità cardinalizia, revocando poi nel 1306 tutti i provvedimenti che erano stati presi a danno dei COLONNA e dei loro sostenitori. Stefano assistette al conferimento del lauro poetico di Francesco Petrarca in Campidoglio ed il poeta gli dedicò la canzone: Spirto gentil. Stefano fu acerrimo nemico di Cola di Rienzo , ad oltre 80 anni combatté con i figli e nipoti contro il tribuno, ma fu vinto e perse un figlio ed un nipote. Stefano [3] riedificò Palestrina e seguì Enrico VIII in Lombardia. Combatté implacabilmente i Caetani e gli Orsini. Nuovo splendore diede ai COLONNA Oddone che fu eletto pontefice e prese il nome di Martino V.

Torneo medioevale

 Egli accrebbe la potenza della famiglia con ricchi feudi nell’Italia meridionale. Del detto Federico, figlio di Giordano Colonna, chiamato il ROMANO, soprannome che fu ritenuto dai suoi discendenti, derivarono i baroni di Cesarò e di Fiumedinnisi, rami che nel XV secolo vennero ad unificarsi elevandosi a Grande Stato per il possesso di vasti feudi di cui furono poscia duchi e marchesi, nonché baroni di Montalbano; baroni di Palizzi, marchesi di Altavilla[4] e principi di San Giovanni a Teduccio (Napoli) e dello Spinoso nel napolitano; i duchi di Reitano e poscia Principi della Torretta. Antonio e Giovanni figli del suddetto Federico divisero la loro stirpe in due grandi diramazioni, cioè quella di Alcamo e l’altra di Messina e di Palermo. Giordano, figlio di Antonio ebbe nel 1303 dall’imperatore Federico II il feudo di San Teodoro e più tardi Carlo discendente in linea diretta dal suddetto Giordano, ereditò il ducato di Rebuttone e della valle del Fico da Elisabetta Garofolo sua madre e nel 1611 ottenne la baronia di Bellavilla. Giovanni capostipite del secondo ramo fu straticò di Messina, carica che sostenne poi il figlio Cristoforo e più tardi il nipote Tommaso. Federico, figlio di Giovanni, acquistò dal re Roberto la signoria di Polizzi ed il su detto Cristoforo, suo fratello, ottenne la baronia di Cesarò che più tardi  fu elevata a ducato per privilegio di Federico II nel 1333. Il su menzionato Tommaso, figliuolo del precedente, per aver seguito le parti del re Martino ebbe nel 1392 la baronia di Fiumedinnisi, nel 1395 di Calatabiano e nel 1396 di Montalbano. Egli fu giustiziere del Regno nel 1397 e quindi senatore romano. Calogero-Gabriele nel 1694 fu investito del ducato di Cesarò e del marchesato di Fiumedinnisi. Inoltre nell’opera Il Regno di Napoli in prospettiva…, dell’abate Jo. Bapt.Pacichelli (anno 1703) Biblioteca Nazionale di Francia, Parigi opere K2266, K2267, K2268 si legge alla “località” ALTAVILLA: «..don Pompeo COLONNA-ROMANO nel 1608 acquistò Altavilla, restaurò il castello di Roberto il Guiscardo che era stato distrutto nel 1269, vi sono ancora le carceri ed i camminamenti sotterranei, presso Salerno, Valle di Terra di lavoro, il Casale[5] di San Giovanni a Teduccio (Napoli) trasferito in questo reame da quel di Sicilia possedendo anche in Calabria le terre di Bianco, Palizzi [6]Pietrapennata ecc. … Pervenne quindi in Altavilla, che era nel frattempo divenuta ALTAVILLA-COLONNA, a don Giacomo suo nipote, che la nobilitò con il titolo di marchesato col quale oggi la gode il sig. don Giuseppe nipote di questi, di doti assai chiare e degno figlio della signora donna Vittoria Barile coerede con la signora principessa di Sant’Arcangelo sua sorella dei beni del sig. don Antonio loro padre de quali è il portione di lei passato l’offizio di segretario del Regno con terre dell’Accettura, Guardia Gorgoglione e Spinoso in Basilicata». Il detto Giacomo poch’innanzi introdusse nel territorio di Altavilla i primi bufali, alla cui diffusione si opposero sia l’Università che i cittadini poiché provocavano notevoli danni alle difese. Altavilla rimase feudo dei ROMANO-COLONNA fino agli inizi del 1700. L’arma dei COLONNA-ROMANO di Palizzi è: di rosso alla colonna d’argento con base e capitello d’oro, coronato dello stesso.Lo scudo con lembi accartocciati sormontato da un pavone a tutta ruota.
La nonna materna, di Candida COLONNA-ROMANO coniugata col marchese Bernardo Maria de NATALE SIFOLA GALIANI, era figlia di don Antonio BARILE marchese di Mongiuffi località vicino Messina, barone di Melia e Caggi, duca di Caivano e barone di Sant’Arcangelo. Originari di Napoli e trapiantati in Messina nel XVI secolo furono ammessi a quel patriziato. Nel 1790 Giovanni fu investito del feudo di Turolisi. Questa famiglia Barile feconda di molti cavalieri di pregio ebbe sotto il re Ladislao il contado di Monderifo. Arma: d’azzurro, al grifo d’oro, attraversato dal lambello di tre pendenti d’oro.

In” Historia della augustissima famiglia Colonna”:”Origine della famiglia “Romano Colonna” di Sicilia (Filadelfo Mugnos A.D. 1658)
Dal marchese dottor don Bernardo Maria de NATALE SIFOLA GALIANI e da donna Maria Candida COLONNA-ROMANO, nacquero cinque figli:
1.    Celestino, m.se, nato in Napoli il 29 agosto 1802, fu battezzato in San Tommaso a Capuana in Santa Caterina a Formiello. Sposa il 27 novembre 1824 Giuliana Giovene, dei duchi di Girasole, deceduta il 7 luglio 1829 in ed in seconde nozze Clementina figlia di Gaetano morta il 25 dicembre 1849 in Casapulla ed in terze nozze il 29 febbraio 1850 in San Marco[7] Maria Francesca Besagni di Raffaele e Margherita Sabatucci. Scrisse un ode in favore del re di Napoli Ferdinando II di Borbone (Biblioteca Naz. Vitt.Eman.III ,suppl.Palatina B 31 Accademia Poetica Napoli) che recita:

A.S.M.
Ferdinando II delle due Sicilie
OMEN GENETLIACUM
o quanta exempli generoso in principe vis est?
Tu viatando vetas, tu faciendo iubes,
Princeps principium motus: Rex regula vitae:
Circumsert Coelum sidera: Tu populos.
Si mea vota valent, olim annos quot Noe vidit,
Saccula tot vives, Tu Noe noster eris.
                                                                       Celestino NATALE GALIANI
                                                                 Regio Giudice
Morì senza figli.
2.    Carminio, Giuseppe, Luigi, Andrea, avvocato dell'una e l'altra legge, nato in Napoli il 10 novembre 1805, fu battezzato in San Tommaso a Capuana in Santa Caterina a Formiello[8].
3.    Vincenzo, nato in Napoli il 20 aprile 1806, fu battezzato in San Tommaso a Capuana in Santa Caterina a Formiello

Carminio fu tumulato nella cappella del Monte dei Morti in Casapulla. La seconda moglie, Rosa Maria Buonpane, giace nello stesso loculo, dove successivamente fu posta anche la nipote Giovanna
4.    Maria Geronima, nata il 24 giugno 1809 in Casapulla e deceduta in Casapulla il 12 dicembre 1809 Casapulla.
5.           Giuseppe[9], Maria Pasquale, procuratore del Re, nato in Casapulla l’11 gennaio 1811*, sposò il 21 aprile 1834 in Napoli Carolina figlia di Pietro Reviglione[10] e della m.sa Giuseppa Borgia, nata il 14 dicembre 1809.
La famiglia de NATALE SIFOLA GALIAN possedeva in quell’epoca, oltre ad altre proprietà, anche la terra di Sant’Andrea de Lagni (60 moggi di prima qualità), altre terre a Casanova (oggi Casagiove) ecc. presso Santa Maria Capua Vetere, luogo detto di Ponte Selice  (notizia documentata nel contratto d’affitto conservato nel fondo SIFOLA-GALIANI presso l’Archivio di Stato di Roma Eur datato 29 giugno 1828).
CONTRATTO d'AFFITTO
Vincenzo, procuratore del Re, fu il terzo figlio del marchese don Bernardo Maria de NATALE SIFOLA GALIANI e di Candida Colonna Romano. Egli fu procuratore del re presso il tribunale civile del Molise, giudice a latere a Trani 1817-1860,  sposò il 10 giugno 1829 Maria Raffaella de Sortis. Vincenzo scrisse oltre a diversi scritti anche una monografia La giustizia, prima legge cosmologica morale, discorso letto nell’udienza del 3 gennaio 1842 dallo stesso presso il Tribunale Civile di Molise[11]. Altra monografia Due Sicilie…. Anno 1840[12]. Da questo matrimonio nacque Marcello ? /? /1832 Trani che sposò (?) / (?) / 18. Francesca Morlilli; egli decedette il 4 settembre 1880[13]. Essi procrearono Ernesto nato a Vico[14], nato il 7 luglio 1879, Gennara Maria nata il 20 settembre 1876[15]e deceduta l’11 dicembre 1880 [16]E Vincenza nata il 4 gennaio 1859 a Trani e deceduta il 14 gennaio 1859. Da Vincenzo e Maria Raffaella de Sortis nacque Felice Nicola il 12 novembre 1842 a Campobasso che sposò il 20 settembre 1877 Addolorata Carbutti, nata ad Eboli. Essi generarono il 24 gennaio 1879 Giacinto[17], Angelina nata ad Eboli nel 1877/78 e Stella Maria nata nel 1880 e Raffaella. Vincenzo, generò anche Giulia ed Emilia, nata il 4 dicembre 1839 che sposò il 7 novembre 1869
Carlo Ferrara .

Giuseppe[18], procuratore del RE, fu il quinto figlio, del marchese don Bernardo Maria, egli procreò Giovanni il 28 gennaio 1835 in Napoli (battezzato nella chiesa di San Gen), che sposò il 10 settembre 1873 Luigia Arigotti. Era già avvocato nel 1854; Giulia nata il 14 dicembre 1836, monaca; Luigi nato il 10 dicembre 1838 a Napoli e deceduto in Napoli il 24 dicembre 1838 chiesa di San Gen.(?); altro figlio Luigi nato il 21 aprile 1840 sposò Giulia (?) il 7 luglio 1860 , fu guardia del corpo del re Ferdinando II di Borbone, carica che assunse il 7 febbraio 1860[19]; Geronima nata nel 1853 e deceduta il 31 maggio 1853.; Giulia nata il 10 Dicembre1836 entrò in monastero.

Carminio, Giuseppe, Luigi, Andrea de NATALE SIFOLA GALIANI nacque (1805) nel palazzo della propria famiglia nella strada di Sant’Antoniello (Napoli). Sposò in prime nozze nella cattedrale di Napoli il 23 ottobre 1828 donna Angela Rosa de Laurentis[20] di Giovanni e Raffaela Talamo
ed in seconde nozze avvenute l’8 luglio 1833 donna Rosa Maria Buonpane figlia del nobile don Nicola di Casapulla[21] e di Giuditta Natale sempre di Casapulla. Rosa nacque in Casapulla il 17 febbraio 1815 e vi morì il 14 gennaio 1895



PROCESSETTO PRE MATRIMONIALE
di
don Carminio de Natale Sifola galiani e donna Rosa Buonpane





Stemma dei nobili
BUONPANE
di Casapulla CE

Particolare di un ambiente in casa di Rosa Maria Buonpane

Particolare del soffitto della stanza
delle 4 stagioni
Palazzo 
del nobile Nicola Buonpane

L'ingegner Giulio Buonpane discendente dal ramo dei Buonpanedi Sebastiano Buonpane (n.1580) a cui apparteneva Brigida Anna Maria (n.1687 – m.19/11/1762) sposata con Marcello
Candida[22] figlia del figlio Luigi 1838/1913 per volontà della nipote Teresa. Egli fu il primo sindaco di Casapulla dopo l'unità d'Italia (dal 1861 al 1864[23]). Per il suo incarico non volle percepire emolumenti. Al tempo era segretario comunale Sorbo Stefano. La popolazione di Casapulla ammontava a 2669 abitanti. Elettori politici iscritti nelle ultime liste: 69. Non vi era sia l’ufficio postale che telegrafico. Compagnie attive: 1; militi attivi 181; militi della riserva: 31; mobilizzabili: 21.
Don Carminio ebbe tredici figli. Dal primo matrimonio nacquero:
1.    donna Maria Francesca nata il 1° febbraio 1827 Vico[24] e deceduta il 7 luglio 1837.
2.    don Bernardo nato il 20 agosto 1829 e deceduto il 13 novembre 1865, sacerdote.
Dal secondo matrimonio nacquero:
1.    don Francesco nato il 14 gennaio 1834[25] e deceduto il 24 aprile 1878, celibe.
2.    donna Maria nata nel 1835 e deceduta il 7 luglio 1897.
3.    donna Filomena nata il 29 aprile 1836 in Casapulla e deceduta il 14 luglio 1897 in Casapulla.
4.    donna Maria Grazia nata il 27 luglio 1837 andata in sposa al farmacista don Raffaele Iodice il 12 agosto 1867. Generarono Alfredo che ebbe tre figlie Flora maritata Palazzo di Grazzanise, Bianca insegnante, Alberto impiegato alla FIAT di Torino. Flora ebbe sei figlie femmine, una delle quali sposa un capitano somalo, una un ingegnere, vivevano a Roma.
5.    don Luigi nacque nel palazzo avito di famiglia il 13 ottobre 1838 in Casapulla, sposò l’8 giugno 1867 Teresa Di Sorbo di Camillo[26], morì il 18 ottobre 1913[27] [28]. Avviò una scuola per i bambini poveri del luogo[29]. Sulla sua tomba si legge: Eletta figura di gentiluomo, educatore emerito pioniere di civiltà per i figli del popolo.

Luigi de Natale Sifola Galiani
 Eletta figura di gentiluomo, educatore emerito pioniere di civiltà per i figli del popolo


6.    don Alfonso nato il 21 gennaio 1840 il 13 gennaio in Casapulla e deceduto l’8 luglio 1840 in Casapulla.
7.    don Alfonso nacque il 12 gennaio 1843, sposò il 20 gennaio 1884 donna Teresa Pica deceduta il 16 gennaio 1908. Da questo matrimonio nacquero in Casapulla don Erminio[30] il 28 giugno 1884, Rosa il 27 gennaio 1887 e Argelia il 20 dicembre 1889.
Di lui ne parla Sidney Sonnino nel suo diario del 1866:….10° cadetto Alfonso Natale Galiani (probabilmente fu militare).
8.    don Vincenzo nacque in Casapulla il 13 dicembre 1845 e sposò in Napoli il 5 gennaio 1876 Giulia de Laurentis di Gaetano e Romana Carini.
9.    donna Giulia nacque in Casapulla il 7 ottobre 1847 [31]e sposò il 30 novembre 1872 Francesco Pianese, gestore. Ebbe 4 figli: Bartolomeo geometra[32], Maria sposata, Armando che sposa Teresina a Casapulla, Enrico. Da Bartolomeo nacque Umberto che sposa una Natale cugina di zia Ada[33], Claudio che sposa la cugina Giulia e Franca morta nubile. Da Claudio Nacquero Mena[34] che ebbe una sorella Teresa[35], e Bartolomo[36]. Altri figli di Giulia e Francesco furono: Maria che sposa ?, Armando che sposa Teresina in Casapulla ed Enrico. Armando ebbe Giulia ? che sposa Paolo Rossi maresciallo dell'aviazione, generò un figlio che divenne magistrato ed un altro scemo; altro figlio di Armando fu Mario che divenne magistrato. Enrico ebbe Giulia che sposò il cugino Claudio Pianese, segretario comunale,  come detto sopra.
10. donna Clorinda nata in Casapulla il 22 settembre 1850[37] e deceduta nello stesso comune il 1° marzo 1851.
11. donna Adelina nacque in Casapulla il 1° aprile 1855[38] sposò il 20 febbraio 1882[39] Giuseppe Natale detto Natalone nato nel 1857 in Casapulla. Essa morì il 2 gennaio 1911 a Napoli. I coniugi ebbero 8 figli: Leontina nata il 12 ottobre 1884, insegnante nubile, Bianca Rosa nata il 4 luglio 1886 che sposa Giuseppe, Luigi nato il 14 luglio 1888 che sposò donna Concetta d’Alessandro di Napoli il 30 aprile 1922, Arturo nato il 20 agosto 1889 e deceduto il 25 giugno 1891, Rosaria nata il 10 marzo 1892 sposò l'11 settembre 1928 l’avvocato Michele Tata, nipote dei senatori Silvio e Michele Petrone alti magistrati, essa morì nel 1956 a Napoli. Francesco nato il 16 gennaio 1895 e deceduto il 17 gennaio dello stesso anno; Amelia che sposa un italo americano; Emma che sposa l'avvocato Archeologo Ermanno D'Apollonio di Isernia, morì nel 1957 ebbero vari figli.
Da don Luigi NATALE GALIANI[40] e da Teresa de Sorbo[41] nacquero 10 figli:
1.    Un aborto verificatosi a tre mesi cioè a 21 ottobre 1867.
2.    don Camillo nato il 21 agosto 1868 in Casapulla ed ivi morto il 28 novembre 1868.

3.    don Camillo nato il 5 luglio 1872 in Casapulla e deceduto in Capua il 4 gennaio 1944, sacerdote. Dottore in lettere[42], Parroco, per volontà del cardinale Alfonso Capecelatro, della Parrocchia di Santa Maria di Costantinopoli in San Prisco(CE) il 23 luglio 1897 per la morte del parroco don Domenico Palmieri. Parroco di Sant’Elpidio in Casapulla e poi di San Marcello Maggiore in Capua. Curò una pubblicazione di brani della Dottrina cattolica del cardinale Capacelatro ed altro.

Un amico di famiglia residente in Casapulla, il prof. Raffaele Marmo in una lettera inviata da Napoli il 5 marzo 1989 a zia Teresa[43] residente in Caserta, scrive il seguente fatto:
Qualche vecchio può rammentare ancora la salda e cordiale amicizia che mi legò per molti anni e fino alla di lui morte al sig. Manlio Natale, una persona che stimavo per la sua larga erudizione in lettere, filosofia e musica e col quale mi piaceva di intrattenermi in conversazione sui più disparati argomenti.
Un meriggio del lontano 1947 di pieno luglio, non ricordo esattamente il giorno, avevo incontrato il sig. Natale all’incrocio tra la strada provinciale con la vicinale per Caturano nei pressi del negozio di uno degli Amodio. Proveniva in bicicletta da Santa Maria C. V. ed era diretto a casa sua. Egli scese dalla bicicletta e si accompagnò a me. Iniziammo subito una conversazione ad onta dell’ora piuttosto tarda per il pranzo.
Quando giungemmo a quel largo davanti alla cappella detta di Sant’Antuono[44], ci fermammo proprio sotto il simulacro del prof. Stroffolini. La via e la venella, data l’ora calda e meridiana erano letteralmente deserte. All’improvviso ci sentimmo salutare da un sonoro e largo Buon giorno che ci fece girare verso la provenienza della voce e vedemmo avanzare dalla stessa via che avevamo percorsa noi a passi larghi e silenziosi un sacerdote col cappello sulla nuca e le mani dietro la schiena con le quali reggeva le falde del suo cappottino che portava a dispetto dell’afa. Buon giorno rispondemmo insieme io e don Manlio e subito ci rituffammo nella nostra conversazione; ma dopo poche battute don Manlio si arrestò, guardò verso il sacerdote che frattanto era giunto all’altezza della casa del defunto notaio di Caprio[45]. Guardò me, guardò ancora verso il sacerdote che si allontanava a passi misurati ed esclamò col suo vocione di basso: ma quello è Camillo NATALE[46]! E dopo qualche istante di riflessione mi fece osservare: ma Camillo è morto. Io che conoscevo don Camillo, pur non avendo dimestichezza, con lui, che pure mi aveva battezzato, come invece l’aveva don Manlio che era stato e ancora rimaneva suo amico, mi risvegliai come da un torpore e guardai in direzione del sacerdote che si allontanava solitario e silenziosamente ma senza fretta verso il trivio da noi detto vigna. Raggiungiamolo! Dissi all’amico e subito egli, volta la bicicletta che spingeva a mano nel senso della marcia. E con me con passi che almeno allora ci sembravano forzati, ci mettemmo all’inseguimento. Può sembrare strano, ma, nonostante il nostro affrettarci, nonostante l’olimpica marcia del sacerdote, questi ci tenne sempre distanziati dello stesso tratto fino alla fine della via[47], quando egli voltò verso il cimitero[48]. Di li a qualche minuto fummo pure noi al trivio, ma il sacerdote era sparito. Don Manlio che conosceva ad una ad una le persone che abitavano in quel principio di via[49], entrò in un portone dopo l’altro per chiedere se avessero visto entrare un sacerdote, mentre gli tenevo la bicicletta in mezzo alla via, ma nessuno l’aveva visto[50]. Era certamente Camillo! Affermò alla fine don Manlio. Chissà perché s’è mostrato a noi. In parentesi dirò che don Manlio, dopo quella apparizione ritornò definitivamente in seno al credo cattolico, dopo un lungo periodo di miscredenza. E intanto io credetti di trovare la spiegazione e gliela riferii. «Quell’anno avevo insegnato matematica e fisica presso l’istituto magistrale di Capua e per gli esami di maturità fui nominato membro interno di una commissione che ebbe per preside la prof.essa Maria del Re dell’università di Napoli e che era stata mia insegnante assistente del prof. Del Pezzo, quando ero studente di quella facoltà. La del Re era stata nominata presidente di due commissioni, la mia e una parallela e allora nominò me segretario di tutte e due le commissioni. Per tale incarico ebbi l’incombenza di nominare gli insegnanti di musica ed educazione fisica tra quelli che avanzavano domanda al Preside dell’istituto. Veditela tu! Mi disse la professoressa tu conosci la gente del luogo. E difatti per la musica scelsi una NATALE[51] che sapevo sorella di miei carissimi amici e nipote di don Camillo, e un’altra NATALE[52] da me assolutamente sconosciuta, ma si dichiarava abitante alla stessa mia Via 4 novembre[53]. E allora senza sapere chi fosse la nominai per l’altra commissione. Solo al ritorno a casa seppi che si trattava di una delle sorelle di don Camillo che io da ragazzo ero abituato a chiamare donna Candida e che non sapevo affatto che fosse diplomata in musica. È forse superfluo notare che quella nomina (ella non aveva mai insegnato ed era piuttosto avanti con l’età) le aprì le porte della scuola, dove divenne poi di ruolo, e pare ancora per miracolosa intercessione del santo Suo fratello, che nella sua onestà aveva lasciato le sorelle in difficoltà economiche. Ma questa è un’altra storia.
Napoli, 5 marzo 1989
 Raffaele MARMO


Nella biblioteca del museo campano sono state trovate da zia Teresa un ode ed un profilo dedicato allo zio parroco don Camillo:
AL NOVELLO CURATO
CAMILLO GALIANI NATALE
UN RAPIDO SUONO
DELLA MIA LIRA
IN ARGOMENTO DI STIMA
1898
MARCIANISE
TIPOGRAFIA GIOVANNI LASCO
1898
ODE
Ave, Pievano egregio,
Che nutri alma sublime,
Offro, commosso, un sonito
D’affettuose rime,
Manifestando il giubilo,
Che mi rapisce il cor !
La rara tua modestia,
Che inflora questa riva
Certo si turba all’impeto
Di meritato evviva
Ma tu cortese e tenero,
Perdona al Rimator
Bronzi del sacro tempio,
A festa oggi squillate,
Oggi, fanciulle ingenue,
Un cantico intonate
Al nuovo atleta, al fervido
Degnissimo Pastor -
Egli col guardo all’etere,
Ove l’Eterno ha stanza,
Saprà additarvi il gaudio,
Che i desiderii avanza,
Il gaudio, che s’acquistano
I prodi del Signor -
Saprà placar l’altissimo
Se scotesi la terra,
Se rio malor propagasi,
S’arde fraterna guerra,
Se l’onda irata vedesi
Dalla riviera uscir
Oh! quante volte impavido,
Al buio della Selva,
Sciorre saprà la vittima
Di minacciosa belva
Per ridonarla ai Serali
Che allietano l’empir
Egli rammenta ai giovani
La fedeltà nel petto:
Alle fanciulle predica
Il verecondo affetto
Santifica nel talamo
Il nodo dell’amor
Egli confonde il perfido,
Che a rio furor si desta,
E nel cimier di Satana
Chiude l’iniqua testa
Per attaccar la nobile
Schiera del Redentor
Ei con parola magica,
Che pace e amor dispensa,
Sgombra la ria mestizia
Del prigionier, che pensa
Alla diletta Patria,
Al mesto genitor
Ardente, accorto, vigile,
Contar le agnelle ei suole,
Equando l’alba infiorasi,
E quando ferve il sole,
E quando par che Vespero
Doni un sorriso ai fior
Dal tenebroso secolo
Vi scampa, e vi governa,
Prega l’eterno Artefice
Della Città superna,
E nel burron dei triboli
Rapida luce appar
Ei l’ave dell’Arcangelo
Al bambolo innocente
Impara - assiste all’ultima
Tenzone del morente
Reca sgomento a Satana
Dall’incensato altar
Se avessi la melodica
Cetra del Parzanese,
O del famoso Silvio
Le sacre rime accese,
Sciorre, Pastor, tue laudi
Con più vaghezza, e ardir
Direi - ma già la querula
Squilla della preghiera
Ai dolci amici annunzia,
Che il sol ripiega a sera
Annunzia che le tenebre
Invitano a partir
Addio – di gradi altissimi
In fresca età sei degno
Per rare doti, e nobile
Affetto, e colto ingegno,
Cui fa più bello, ingenuo
Di verecondia il vel
Addio - per te discorrano
Avventurose l’ore
Da te lontana sibili
La freccia del dolore
Né mai procella o turbine
Bruno ti renda il ciel
Addio, ripeto - O siati
Di Prisco il suol dimora
O nel bel ciel di Capua
Vedrai raggiar l’aurora
O sia che lungo tramite
Ambo dividerà.
Volgi un pensier nell’animo
Al mio soggiorno antico,
Torni alla tua memoria
Il rimatore amico,
Il rimator, che un cantico
Spesso per te scorrà
14 Gennaio 1898
SALV. Can. TARTAGIONE
SILVIO TORRE
Direttore del “Giornale della Campania
PROFILI E FIGURE
Il Rev. Parroco Prof. Natale[54]
(OMAGGIO)
Tipografia Bellomo
L’illustre Uomo ci ricorda tutto un passato luminoso, di dignità, di operosità, di fierezza, attraverso il cognome legato alle migliori e più fulgide e radiose vicende nostre ed alle più belle conquiste della nostra terra! Lavoro, pensiero, azione,affermazioni gagliarde in ogni campo dell’attività civile, intelletto pari alla grande bontà dell’animo, benemerito per antiche e generose tradizioni. Dotato di grande ingegno, di vasta cultura, e di larga preparazione compie il suo dovere con rarissima abnegazione. È giudizio di tutti. Ha portato e porta alla sua attività contributo di fede, di esperienza, di amore. Ed è un lavoratore che alla sua missione nobilissima, consacra il suo cuore con incomparabile ardore, con fervido entusiasmo, con rettitudine di propositi, elevando se stesso. Il nostro conterraneo dimostra così, con la sua attività, che è sempre primo nei cimenti, nell’ardimento, nell’azione per rendere l’opera sua proficua e feconda. Vorremmo dire molto di più ma il nostro è un profilo ristretto, schematico, espressione solo dei nostri sentimenti. Non si dolga il chiaro Uomo di queste parole che non sono di adulazione, dalla quale rifuggiamo. L’intelligenza sarebbe vana se non fosse accompagnata dall’impulso del cuore: il lavoro sarebbe sterile se non fosse aggiunto alla comprensione degli altrui bisogni, la esistenza, insomma,  sarebbe miseria se non fosse abbellita dagli ideali di umanità. Ed Egli aduna in se le qualità più perfette e più degne. Non superbo, modesto, cortese, egli dà in ogni manifestazione la impronta della più completa signorilità. Interpretando il voto unanime, esaudendo un desiderio ardente nostro, gli rinnoviamo la espressione dei nostri sentimenti di viva simpatia, cordialmente beneaugurando.


 Cappella del Monte dei Morti,
sepoltura del parroco dott. don Camillo Natale-Galiani
 (Casapulla CE)

Del pro zio Camillo, il Canonico Penitenziere Antonio Casertano scriveva un Commemorando letto nella chiesa parrocchiale di San Marcello Maggiore in Capua il dì 7 febbraio 1944:
L’ultima volta lo vidi dinanzi a l’orride rovine del Duomo.Era rimasto quasi senza parola, come trasognato.Su quel volto emaciato ed esangue si leggevalo strazio atroce del suo cuore di sacerdote e di cittadino Perché Camillo Natale, pur non capuano d’origine, amava Capua con appassionata tenerezza di figlio. E a Capua diede il più e il meglio delle sue ricchezze interiori. Laureatosi in lettere presso la Regia Università di Napoli, venne dal Cardinale Alfonso Capecelatro chiamato a insegnar latino nei corsi liceali di Capua. Erano i tempi in cui il Seminario di Capua toccava il culmine della sua parabola ascendente. Uomini tra i più colti del Clero archidiocesano ne tenevano la direzione e v’impartivano l’istruzione. E gli alunni affluivano, non solo da tutte le zone dell’Archidiocesi, ma pure da tutta la Campania e da altre regioni meridionali della Penisola: qualcuno veniva perfino dalla Sicilia. Il novello Professore fu all’altezza del suo compito. Nulla di asprigno uggioso pesante pedantesco nel suo metodo didattico. In poche e rapide battute, illuminate d’un benevolo sorriso, rendeva facili le più astruse regole di sintassi prosodia e metrica, e svelava le bellezze linguistiche stilistiche e artistiche dei grandi Classici della latinità. Soprattutto amava essere un educatore. Perché nella scuola non vedeva solo cervelli da imbottir di cognizioni; ma anime intere da sviluppare armonicamente e aprire agli alti ideali della vita.
E sapeva trovar lo spunto per accendere ne’ cuori fremiti di vita religiosa morale e civile. I giovani lo veneravano. E fuori, nel tumulto del gran mondo, portavan sempre viva nell’animo la cara immagine paterna del Professor di latino. La la figura di Camillo Natale rifulge particolarmente nel campo pastorale. Tre parrocchie gli vennero successivamente affidate: la Parrocchia di Santa Maria di Costantinopoli, in San Prisco (poco dopo l’Ordinazione Presbiteriale); quella di Sant’Elpidio, in Casapulla; questa di San Marcello mAggiore, in Capua. In tutte e tre fu infaticabile Operaio del Vangelo. Specie in questa di San Marcello Maggiore; ove venne con gran corredo d’esperienze, e ove rimase fino alla sua ultima ora, per quasi un trentennio. Travagliato dall’ansia bruciante di portare anime a’ piedi forati e insanguinati de l’Amore Crocifisso, non pensava che ai problemi dello Spirito; non parlava che dei problemi dello Spirito; non viveva che per i problemi dello Spirito. E dalla sua torrida anima rampollavano luminose forme di apostolato. Vedeva le chiese deserte? E accendeva le “Lampade Viventi”: anime cioè che ardono e splendono davanti a Cristo Eucaristia, in rapimento d’amore. Vedeva la preghiera, sublimazione de l’anime dalle opacità della terra ai fulgori del Cielo, negletta e schernita? E dispensava migliaia di corone del Rosario. Vedeva la riluttanza, sempre diffusa, alla legge d’amore e di dolore del Cristianesimo? E portava nelle case la Croce, abissale poema che da due millenni canta il più alto Amore e più alto Dolore. Vedeva crescer, anche tra le classi colte, l’ignoranza religiosa, radice feconda di miscredenza e d’indifferentismo? E faceva una ristampa di alcuni trattati de”La Dottrina Cattolica” del Capecelatro: pagine calme ariose soleggiate, che espongono dimostrano e vigorosamente difendono contro gli assalti della negazione le verità del Cattolicismo. Vedeva l’istituto familiare disgregarsi sotto l’azione dissolvitrice d’una torbida mondanità, spensierata e gaudente? E con l’Associazione Pio X chiamava a raccolta gli Uomini Cattolici per la restaurazione cristiana della famiglia. Vedeva i fanciulli e i giovani minacciati dalla corruzione dilagante? E apriva loro la sua casa; dava loro innocenti svaghi; parlava loro con la voce del cuore; spargeva copiosamente in quelle vite esuberanti il frumento di Cristo. Vedeva i Soldati sbattuti dal turbine della vita militare? E li accoglieva ne” La Casa del Soldato” – ove trovavan qualche comodo e respiravan l’aria corroborante della sanità morale. Vedeva poveri dibbattersi duramente nella morsa dilacerante della miseria? E, acceso di carità, soccorreva con larghezza. E non si fermava qui; ma, attraverso la misericordia corporale, arrivava alle anime e le illuminava. E’ stato detto da un grande Scrittore e gran Cristiano dei nostri giorni: “A che altro è più simile un prete santo, se non a un simbolico cero che bruci, consumandosi, tra Dio e gli uomini, acceso in Dio, splendente per gli uomini?”
Tale fu Camillo Natale.
E ora?
Ora non più lo vedremo.  Non più udremo la sua voce. E’ un mese che il suo sguardo è spento; la Sua bocca è muta; il suo cuore è fermo. Un male che lo minava da anni lo stroncò Di colpo, al cadere d’una giornata[55] laboriosa: Forse in quei supremi istanti gli balenaron a l’anima le parole di Paolo:”Ho combattuto la buona battaglia; ho terminato la corsa; ho conservato la fede. Ora m’aspetto la corona della giustizia”. Sopra la sua pietra sepolcrale potremmo incidere: Passò sulla terra come fiamma inconsumabile d’amore. Non più lo vedremo. Non più lo udremo. Ma non lo scorderemo mai più.
Dal profondo del nostro essere leveremo per te, o Sacerdote di Cristo, la preghiera suffragante.
E tu ricordati di noi rimasti tra i fragori e gli orrori dell’apocalittico ciclone di ferro e di fuoco che da oltre quattro anni sconvolge il mondo, e ora va riducendo la nostra grande e sventurata Italia, la terra di Francesco d’Assisi e di Caterina da Siena, in un’immane catasta di macerie e di cadaveri.
Ricordati di noi.
Prega che sul mondo devastato e insanguinato rifolgori il sole risanatore e fecondatore della Pace Cristiana.
Altri figli di don Luigi furono:
      Un altro figlio nato morto il 13 ottobre 1874.

- 5 don Carminio NATALE GALIANI[56, nato in Casapulla il 13 marzo 1877[57],
 sposa il 5 febbraio 1906 Maria Teresa Trepiccione di Giuseppe, nata in Casapulla il 31 luglio 1879 e ivi deceduta il 17 dicembre 1966.
Carminio[58] morì in Casapulla il 22 luglio 1950[59]. Fu sepolto nella cappella del Monte dei Morti (primo loculo entrando a destra piano terra) successivamente fu traslato nella cappella gentilizia costruita dai figli al lato Est dalla planimetria posta al n.5[60]. Entrambi i coniugi sono riposano nello stesso loculo. Partecipò alla prima guerra mondiale nell’arma dei carabinieri. Ha svolto in vita l’attività di sensale.
- 6 don Giovanni, nato in Casapulla il 17 ottobre 1879 deceduto il 14 dicembre1886[61] [62]
- 7 donna Rosa nata il Casapulla il 23settembre 1882[63]ed ivi deceduta.
- 8 donna Margherita nata in Casapulla il 9 gennaio 1886 ed ivi deceduta il 5 marzo 1975.
- 9 donna Giovanna Candida nata in Casapulla il 5 novembre 1889 ed ivi deceduta   il 30 giugno 1984.[64] Insegnante di Pianoforte in Capua.

Nel 1921 Casapulla come tutti i paesi limitrofi, fu aggregata a Santa Maria Capua Vetere per cui i casapullesi nati in quell’epoca alla richiesta dei documenti dello Stato Civile risultano nati in detta città.
Da don Vincenzo di Luigi e da Maria Grazia GALIANI nacquero:
-



don Luigi il 5 ottobre 1902 e deceduto in Capua il 9 maggio 1988, Sposò in prime nozze la contessa Elvira Cervoni, in seconde nozze Emilia . Tutti i figli sono di secondo letto..
- don Francesco il 10 marzo 1906[65]*, che sposò Luigia Merola il 20 aprile 1933 della vicina Curti(Caserta), morì il 12 gennaio 1955 in Capua e sepolto in Casapulla nella cappella del Monte dei Morti[66] e successivamente traslato nella cappella di Erennio Natale marito di Maria Grazia Natale-Galiani.
Da don Carminio di Luigi e da Maria Teresa Trepiccione nacque:
- don Giovanni de NATALE SIFOLA GALIANI[67] nato in Casapulla il 19 marzo 1910[68],
sposò il 17 gennaio 1937, nella basilica dei SS. Cosma e Damiano sita in Roma in via dell’impero, Caterina Durantini di Enrico[69] e Catasca Assunta, di nobili ascendenze spagnole[70]. Don Giovanni morì in Roma il 16 marzo 1996[71].

Lapide di Giovanni de Natale Sifola Galiani
posta nella cappella patrizia di famiglia

Le esequie avvennero nella chiesa Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo[72]. Poi fu trasportato nella tarda mattinata a Casapulla, suo paese d'origine, dove fu celebrata altra cerimonia, con funerale di 1ª categoria e messa cantata, nell’antica chiesa di Sant’Elpidio. Vi fu grande partecipazione di parenti, amici e popolo.E' sepolto nella cappella gentilizia di famiglia. Egli all’età di cinque anni frequentava l’asilo presso le monache di Caserta. Sopravvenuto il conflitto 1915-1918, il padre Carminio fu richiamato ed assegnato all’arma dei carabinieri. Poiché Caserta rimane distante alcuni chilometri dal piccolo centro di Casapulla, Giovanni non ebbe più la possibilità di frequentare la scuola. Finita la guerra, benché fosse ritornato il papà, egli non volle più andare a scuola per non frequentare classi con bambini più piccoli di lui. Carattere orgoglioso ed intraprendente, volle imparare, in Casapulla, i primi rudimenti di sartoria. A 14 anni si trasferì a Napoli dove si specializzò ulteriormente nel proprio lavoro nella più esclusiva sartoria napoletana di un certo sig. Piemontese. All’età di 18/19 anni si trsferì a Roma dove avviò una una propria attività in via Quattro Fontane di fronte alla villa Barberini. L'appartamento occupava tutto il primo piano nel palazzo ove oggi è situato l’albergo Italia. Ebbe molto successo col suo lavoro e si ritrovò con una ottima clientela tra cui l’ambasciatore della Columbia in Italia, Santos, propritario del giornale Temply di Bogotà, che gli fece la proposta di trasferirsi a nel suo paese alla fine del proprio mandato. Era l'epoca in cui non esistevano gli abiti confezionati e lui aveva il piacere che chi portava i suoi capi veniva fermato per la strada. Ebbe molti allievi tra cui il presidente dell'accademia dei sartori Edmondo Avvisati di alcuni anni più grande di Lui. Edmondo lo considerò pazzo quando chiuse la sua importante sartoria per intraprendere nuove attività nel mondo del lavoro. Fu amico fraterno del poeta Raniero Nicolai vincitore delle olimpiadi letterarie di Anversa avvenute 3 ottobre 1920. Nel diploma[73] consegnatogli. in forma solenne, in Campidoglio in Roma, si legge:



[1] Napoli
[2] Quella di Marozia è una storia di scandali, delitti, passioni, ma anche la storia di una città e di un pezzo importante di Medioevo. Spregiudicata, opportunista, corrotta, megalomane, maestra di intrighi. Attraente e sensuale. Marozia, l’eroina nera degli anni più neri della Chiesa, fu la grande donna dietro a tanti (piccoli) uomini. Figlia, cugina, madre e amante di papi, riuscì ad imporsi come il vero centro di gravità di una Roma che, dopo la rottura con Costantinopoli e la parentesi carolingia, era collassata nell’anarchia. Nata probabilmente, nell’802, figlia del potente senatore Teofilatto e della nobile Teodora (o forse degli amplessi fra quest’ultima e Giovanni da Tossignano, arcivescovo di Ravenna e futuro pontefice col nome di Giovanni X), Marozia fu l’incarnazione dello scontro per il potere che si scatenò fra le maggiori dinastie aristocratiche dell’epoca. Sulle rovine dell’Impero Romano d’Occidente e sul vuoto politico che ne era seguito, il ruolo della Chiesa si era progressivamente consolidato. Martoriata dai barbari, passata in mani bizantine, messa in ginocchio da pestilenze e carestie, Roma riconobbe al proprio vescovo un’autorità sempre più ampia. Nel 756, grazie all’alleanza con i Franchi di re Pipino e poi di Carlo Magno, fu creato lo Stato della Chiesa, incuneato nella penisola fra mare e mare: l’ex capitale del glorioso impero, pur dimenandosi tra vicende torbide e burrascose, tornò ad essere un punto di riferimento politico e religioso. Ma lo sfacelo dell’egemonia franca, che a lungo aveva sostenuto il papato, trascinò l’Urbe in una spirale di disordine. Alla fine dell’800, a Roma, spadroneggiavano una famiglia toscana ed una spoletina: erano loro, imparentate ma rivali, a nominare e deporre i papi, a convocare i sinodi(assemblee di ecclesiastici per decidere su questioni normative e di fede), a dettare in tutto e per tutto la politica della città. Fra lotte di potere ed intrighi di palazzo, il clero degenerò. Pontefici e prelati vivevano in edifici lussuosi, fra marmi pregiati ed ori sfavillanti, Si circondavano di servitori e concubine, organizzavano banchetti e feste mascherate, la mattina – celebrata la messa – montavano a cavallo e se ne andavano a caccia, seguiti da uno stuolo di cortigiani. Mai la Chiesa era caduta così in basso. Neppure dei morti si aveva rispetto. Quando nell’806, spirò papa Formoso, i signorotti di Spoleto proclamarono papa il figlio di un prete romano, Stefano VI, e per vendicarsi della politica a loro contraria di Formoso, inscenarono nei suoi confronti un processo postumo. Accusarono il cadavere di aver usurpato il trono papale, in quanto al momento della sua elezione Formoso era arcivescovo di porto, e quindi secondo gli antichi concili non avrebbe potuto abbandonare la sua sede per diventare pontefice. L’accuse era un pretesto, ma la condanna (scontata) e gli abusi sul cadavere (mutilato delle tredita della mano destra con cui si impartisce la benedizione, decapitato e gettato nel Tevere fra gli scherni del popolino) furono una specie di consacrazione degli spoletini, Dopo Formoso, in rapida successione, la tiara passò sul capo di altri otto pontefici. Fino a quando, nel 914, per volere di Teodora fu incoronato Giovanni X, uomo ambizioso ma buon statista. Marozia aveva allora poco più di vent’anni ed era non solo la manovratrice occulta della fazione spoletina, ma l’anima, e soprattutto il corpo, della Chiesa, dov’era di casa grazie a Teofilatto, padre della ragazza. Era cominciata quella che il teologo protestante Valentin Ernst Löscher (1673 – 1749) definirà la “pornografia romana”. Intrigante, bella da togliere il fiato, aveva imparato presto a giocare le proprie carte. Da almeno otto anni, poco più che bambina era la donna più ambita nelle stanze romane: raramente si tirava indietro, e questo accresceva la sua influenza: I papi le erano succubi, il clero, a mano a mano, si era scordato il messaggio evangelico. «Roma era diventata una città di bordelli, molti dei quali gestiti dagli stessi cardinali» dice lo storico Giovanni Di Capua, che a Marozia ha dedicato un libro (edito da Scipioni). L’elezione dei pontefici divenne una faccenda interna, una partita a scacchi fra casate: il vicario di Cristi, osserva Horst Fuhrmann, medievalista della Università di Regensburg (Baviera) «era considerato il candidato ed il rappresentante di un clan familiare. Non contavano i princìpi morali e giuridici: figli di papi venivano imposti quali successori sul trono papale, e molti morivano per cause non naturali». Guadagnatasi l’appellativo di meretrice, Marozia imitò e superò la madre. Figlia dell’ambiente in cui visse, non poteva e non sapeva comportarsi diversamente. E lo dimostrò a più riprese. Morto il suo primo marito, il nobile longobardo Alberico, duca di Spoleto, la giovane decise di fare piazza pulita intorno a sé: risposatasi con un feudatario della fazione toscana, un certo Guido, nel 928 fece imprigionare Giovanni X (sospettato di tradimento e lasciato morire di fame o, forse, strangolato) e – passati velocemente un altro paio di papi – nel 931 riuscì a mettere sul trono il giovanissimo figlio Giovanni Xl, nato da una relazione con un altro pontefice, Sergio lll ,papa dal 904 al 911, suo cugino quando era vescovo di Porto presso Roma, che Ella fece uccidere stanca di questa relazione. Spiega di Capua: «Sergio doveva l’onore ed il trono a Teofilatto e, per ricambiarlo, prese Marozia per amante, quando questa non aveva neppure 15 anni. I due si dettero alla più sfrenata lussuria nelle stanze papali, e se ne compiacquero in maniera sfacciata. Giovanni Xl, come molti dei suoi predecessori, del pontefice aveva solo i paramenti sacri e, naturalmente, non era in grado di governare. Ma quello era un dettaglio: il papato era concepito come un qualunque principato, una carica istituzionale, un luogo privilegiato da cui osservare e comandare. E a comandare, adesso, era Marozia: «Sfortunata negli amori, sgualdrina per ereditarietà, passò da un’alcova ad un’altra e, grazie al suo corpo, dominò Roma» dice ancora Di Capua «divenendo una sorta di papessa». Proclamatasi senatrice e patrizia, le sue ambizioni crebbero insieme alla sua prepotenza. «Pianificando il matrimonio della sua unica figlia con un principe bizantino, si illuse di ricostruire il grande impero romano, sognando di diventarne regina». E quando anche Guido , in circostanze misteriose, morì, Marozia, quarantenne e analfabeta, colse l’occasione per sposare Ugo di d’Arles detto di Provenza, re d’Italia(discendente di Carlo Magno), e fratellastro dell’ex consorte. I due erano cognati e, in teoria non sarebbero potuti convolare a nozze. Ma il diritto canonico, per chi muoveva i fili della più alta autorità ecclesiastica, non era un ostacolo. Bastò sostenere che Ugo e Guido non fossero fratelli (si disse che la levatrice, sbadatamente, aveva scambiato le culle) perché Giovanni Xl benedicesse l’unione. Era il 932: doveva essere la svolta, il coronamento di una strategia inseguita, intassellata, giorno dopo giorno, nella mente di Marozia, Invece, fu il suo errore più grande. Ugo era un uomo violento, rozzo, avaro circondato da amanti, e l’ Alberico (il primo dei figli che Marozia aveva avuto dal duca omonimo) inghiottiva amaro: pur non sopportandolo, era costretto a fargli da paggio e, a volte, a subire qualche ceffone. Un giorno, a pochi mesi dal matrimonio della madre, il vaso traboccò. Dopo l’ennesima sberla Alberico corse in città arringò contro il re la plebe: Castel Sant’Angelo fu circondato e, nonostante Ugo fosse riuscito a scappare, il rampollo di Marozia prese il controllo della situazione. Giovanni Xl, messo sotto sorveglianza, scese a patti con il fratellastro e Marozia, la cui bellezza era ormai sfiorita, dovette alzare bandiera bianca. Non è chiaro se fu rinchiusa in carcere oppure in un convento. E’ certo che vi morì intorno al 937, forse per mano di un assassino. Rimossa, dimenticata dai suoi contemporanei, l’immagine della bella antieroina venne presto cancellata dalle monete. E Roma? Alberico istaurò una repubblica popolare e ridusse di molto il potere temporale della Chiesa. Ugo, negli anni successivi, fece più di un tentativo per riprendere le redini: ma fallì. Nel gennaio del 935 spirò anche Giovanni Xl e, al suo posto, venne eletto papa Leone Vll, che si preoccupò di ricreare un minimo di ordine e moralità.

[3] Morto nel 1348.
[4] Oggi Altavilla Silentina, vicino Napoli.
[5] Con castello.
[6] (Si legge nel libro del maestro Fortunato Plutino di Palizzi 10/10/1927-2002: In data 9 maggio 1580 il feudo di Palizzi con il suo casale di Pietrapennata passa sotto il dominio dei COLONNA ROMANO. Per compra fatta da don Francesco COLONNA al prezzo conveniente di 30.000 ducati da Francesco Ruffo Ajerbe procuratore del fratello conte Alfonso. Finì così a Palizzi, dopo più di tre secoli e con le alterne vicende, il dominio dei Ruffo, prima, e dei Ruffo Ajerbe d’Aragona dopo. Don Francesco COLONNA ROMANO (6° barone di Calatabiano sposato con Albina de Marco) del fu Matteo (5°barone di Calatabiano) proveniente da Messina entrò in possesso del feudo col titolo di barone di Palizzi e suo casale di Pietrapennata. Egli apparteneva a quella nobile famiglia romana dei COLONNA che diede alla Chiesa alti prelati, ai feudi signori, principi, marchesi, e baroni, ed al Regno di Napoli e della Sicilia intrepidi condottieri, illuminati ministri e persino qualche vicere. Basta, per tutti, ricordare quel Marcantonio che da vice comandante della flotta navale si distinse nella battaglia di Lepanto dirigendo contro i turchi 203 galee, 50 fregate, una trentina di navi cariche di vettovaglie e soldati, 6 galeazze, 28 mila soldati, 12920 marinai, 43500 rematori e una potenza di fuoco fornita da 1815 cannoni. Ricordarlo per tener presente che la sconfitta dei turchi significò anche l’allentamento della pirateria saracena nel nostro mare. Lo storico calabrese Gustavo Valente nel suo libro:Le torri costiere della Calabria, ed. Serafino C., 1960, ci ha dato un saggio poetico del suo immaginare lo stato d’animo della gente che era esposta a quei pericoli e, di converso, all’esultanza popolare nel veder veleggiare quella poderosa armata in difesa della cristianità, per ridare sicurezza alle rotte commerciali, a salvaguardare i porti e garantire l’incolumità alle popolazioni dei paesi minacciati e spesso vittime del flagello di quelle ripetute incursioni predatrici e devastatrici. Ma ecco la scena descritta dal Valente che ci riporta indietro nel tempo. Siamo nel 1571 e  … dall’una all’altra sponda, dalle montagne calabresi che quasi dirupano verso il mare, dalle degradanti terre sicule, la gente accorsa dai paesi, dai borghi e dai casolari, con bimbi in braccia, con volti commossi, guarda l’eccezionale spettacolo, e dal cuore si sente salire una dolce preghiera perché l’esito desiderato coroni l’impresa cui si avviano i cristiani che hanno le schiere fortemente nutrite di corregionali, amici e parenti. Il passaggio della proprietà del feudo dal dimesso potere degli Ajerbe ad un’appartenente a famiglia di tanta eccelsa nomèa sia a Roma come a Napoli e Messina fu certamente di buon auspicio, anche perché foriero della buona novità di procedere all’immediato restauro del castello. Quell’antica svettante acropoli posta a difesa del paese che i conti d’Aragona Ajerbe, forse dal primo all’ultimo avevano lasciato che andasse in rovina. Il barone invece, dopo qualche anno dalla sua presa di possesso del feudo, fece murare sopra l’arco del portone interno del castello una lapide in marmo brecciato locale in cui si legge: FRANCISCUS EX ROMANA COLVNNENSIUM FAMILIA MESSANENSIS CASTRUM HOC VETUSTATE COLLAPSUM RESTAURABAT AN. 1580, Detto questo c’è da aggiungere che tra alcuni cittadini proprietari di animali ed il barone don Francesco nacquero dei contrasti fino alla Corte della Vicarìa di Napoli, che stabilì che gli animali del feudatario si dovessero limitare a pascolare et acquare in territorio di Amendolara e Palizzi. (Partium Vol.37, fol.33). Tale decisione fu presa nell’anno 1589. Qualche anno dopo don Francesco, forse per malferma salute, affidò ai figli l’amministrazione del feudo. Morì nel 1604. Nel 1594 per rinuncia di Scipione (7°barone di Calatabiano) Colonna figlio di Francesco, diventò barone di Palizzi e Pietrapennata il fratello Pompeo (8° barone di Calatabiano) che si fece confermare il diritto di far pagare una imposta ad ogni barca che caricasse legna. (Partium Vol. 46, fol.55). Dalla stessa fonte si apprende che don Pompeo si fece rinnovare la concessione Vicereale per l’affitto dei mulini, bagliva e mastrodattìa, la riconferma di aver cura delle Difese da conservarsi per la Regia razza dei cavalli, il vincolo che Palizzi fosse passo proibito e non ultima l’importante decisione della Camera della Sommaria che non si possono creare(sic) cittadini di detta Terra (Palizzi) dalla terra di Brancaleone nelle foreste di Votano e Galati. Le quali terre, come ricordiamo, erano state escluse dalla vendita del 1571 di don Alfonso Ajerbe d’Aragona perché rivendicate dalla Regia Corte. Per la puntuale osservanza degli obblighi derivanti dalle concessioni di cui sopra e la riscossione dei tributi a lui spettanti egli nominò suo Erario per tutto il feudo di Palizzi e Pietrapennata il nobile Francesco Nesci messinese che qui aveva fissato la sua residenza e messo su famiglia sposando donna Nunzia Maesano di don Pompeo, come si riferisce altrove. Risulta che don Pompeo Colonna tenne il feudo fino al 1638. Dal 1638 da don Pompeo, e non si sa se per cessione o successione, il feudo passò al fratello Giuseppe (9° barone di Calatabiano)( Francesco ebbe anche una figlia di nome Maria che sposò lo zio Giuseppe), che licenziò il Nesci ed affidò l’incarico di erario per l’esazione dei pesi fiscali a Giovan Matteo Tuscano. Nel verbale della visita pastorale del vescovo Contestabile c’è scritto che questo barone don Giuseppe regalò alla chiesa matrice di Sant’Anna dei paramenti sacri di pregiata seta. A don Giuseppe Colonna Romano, nel 1640, successe il figlio Giacomo, meglio noto come marchese di Altavilla con residenza fissa a Castro Nuovo di San Giovanni a Teduccio presso Napoli. Già dal momento in cui prese possesso del feudo si dimostrò inflessibile con i suoi debitori e specialmente con quelli che non gli fecero pervenire richieste di clemenza o non corsero a pattuire forme di accordio risolutore. Di questo suo modo di interpretare il ruolo di padrone e giustiziere, si hanno tante prove, ma ci si limita a quelle che vengono dai seguenti documenti. Il primo è un’atto del notaio di Bova: Giovan Battista de Marco (notaio in Bova, 1610-1644,(Arch.St., R.C., buste 3-5), in cui si legge: Il 31 agosto 1640 alla nostra presenza si so costituiti Giordano Sfarauni, Giovan Battista e Salvatore Sfarauni figli di Giordano di questa Terra di Palizzi… i quali… in vulgari eloquio per maggiore intelligenza hanno asserito, qualmente detto Giordano… è debitore della Corte Baronale in docati 261, per quale debito li fu eseguito trapasso di terra sita e posta nel territorio di detta Terra in Contrada Domascinìa, arborata con vigne, celsi ed altri alberi fruttiferi, limito Marcello Cavaleri, Gio Domenico Marsano, la vigna di S. Paolo, Matteo Siciliano, Domenico Marra ed il vallone di Muzzopotamo (Agliola) ed altri confini; quale sta per detto debito posseduta da detta Corte e per restare detta possessione in potere di essi de Sfaraone hanno dato memariale all’Ill.mo Marchese di Altavilla e Barone di questa Terra di Palizzi, quale è del seguente tenore.V.B.: Ill.mo, Giordano, Salvatore, Giovan Battista e Sebastiano Sfaraone, Vassalli della Sua Terra di Palizzi, asseriscono che li anni passati, per docati 320 che dovea detto Giordano alla Corte di V.S. Ill.ma di detta Terra di Palizzi l’è stata eseguita e venduta una sua possessione di gelsi ed altri fruttiferi, vigna con terre scapole in detta sua terra in contrada Domascinìa, limiti la vigna di Giandomenico Callea, Minico Celentano ed altri al quale supplicante con alcuni dei suoi figli li è stata retrocessa per detti debiti in docati 320 con pagare alla detta Corte…le tante (rate) alla ragione (sic) di docati 30 l’anno, e per la cautela fatta per mano di Pietro Romano il giorno 14 settembre 1633 in detta Terra e havendo pagato docati 30 all’Erario Gio Matteo Tuscano e docati 29 all’Ill.mo Signore d. Giuseppe Colonna, padre di V.E. Ill.ma restano veri e liquidi debitori in docati 271 e non avendo potuto corrisondere a detta somma sta per vendersi parte di detta terra di V.S. Ill.ma in presenza di suppliche. Perciò screvimo (sic) alli facoltà di V.S. Ill.ma e supplichiamo voglia restar servita concederla a censo alla ragione di sei per cento con farli obbligo in ampia forma pagarli annue quote per ogni mese di agosto con espresso patto che mancando una soluzione di censo, tanto si possa liquidare ed incusare per tutto il capitale, com’anco ogni volta pagherà docati 70 e non meno ad estinsione di detto capitale si sminuisca detto censo pro rata alla raggione… e lo riceverà come da Dio. Alle suppliche degli Sfaraoni d. Giacomo sentenziò: Ci accontentiamo che li supplicanti fondano cautela con il Magnifico nostro Erario di pagare annue quote per raggione di censo docati vinti e non meno in estinsione di capitale si estingua alla ragione di otto per cento ut supra, avendo de incominciare il pagamento di docati dieci per tutto l’agosto del 1640 e d’agosto in avanti habbia da correre docati vinti annue quote ut supra, ordinando con questa al medesimo Nostro Erario che possa stipulare detta obbligazione a nome Nostro e li abbia da ponere nella nostra lista dei censi baronali. Data in Castro Nuovo di S.Giovanni Thodecio die 30 maggio 1640. Giacomo Colonna.
IL FEUDATARIO COLONNA, MARCHESE D’ALTAVILLA, CHIEDE ED OTTIENE LA CARCERAZIONE DEL SUO ERARIO DON FRANCESCO NESCI:
Un’altra prova che ci fornisce spunti per giudicare la personalità di d.Giacomo l’abbiamo nell’Atto del notaio di Bova Angelo Velonà (1634-1682, Arch. St., R.C., buste 11-14). Vi troviamo sotto accusa l’ex erario Francesco Nesci, consorte di d.Nunzia Maesano, dalla quale aveva avuto diversi figli. Tra i quali il dr. Giuseppe, chierico coniugato con la bovesana Antonia Logharà di Giandomenico e devoto figlio di famiglia disposto a rinunciare alle sue spettanze ereditarie pur di levare il genitore dai guai, ma anche come astuto diplomatico di fronte al severo marchese di Altavilla: Qualmente li mesi passati il sopradetto Sig. Marchese fece fare sequestro a sua istanza per ordine della Gran Corte della Vicaria, alcuni stabili, bestiame, ed altri animali contro il predetto Francesco Nesci, padre di esso Dr. Giuseppe… per lo pagamento di 9900 docati che detto Marchese pretende dal predetto Francesco Nesci per tutto quel tempo che esso Francesco fu Erario nella predetta Terra di  Palizzi per conto del fu marchese d. Pompeo Colonna zio del presente Marchese Iacobo…sì come ampiamente dicono apparire per atti significatori e sequestri contro l’Erario… ristretto nel bagno di Salerno. Da parte sua d. Giuseppe intervenne dicendo che suo padre sosteneva di non essere debitore di 9900 ducati, ma di minor somma. E per questo, Egli mandava supplica al detto Sig. Marchese di non maltrattare li soi Vassalli per fine di interesse, ma facesse restituire i beni sequestrati ed accettasse l’accordio per 3200 ducati debendi e gli altri rilasciarli in considerazione dei servigi che d. Francesco aveva prestato alla Corte Baronale durante il suo lungo Erariato. A garanzia Giuseppe gli rilasciò una dichiarazione di rinuncia per prima cosa e sopra ogni altra cosa alla sua parte… di patrimonio che gli potesse spettare come Chierico coniugato o come figlio di famiglia… fintanto che non si ratificherà il presente Istrumento da detto Francesco e dagli altri suoi figli.    Pienamente d’accordo le parti che, il marchese fosse libero e giustificato se volesse procedere contro il predetto Francesco Nesci e i suoi figli… con ulteriori sequestri. Anche nel caso in cui questi si sottraessero all’obbligo di restituire i 3200 docati a partire da questo anno 1640 e così continuare anno per anno fino all’estinzione del debito. Quegli accettò la proposta, ma pretese che i Nesci saldassero il debito dei 3200 docati nello spazio di otto anni alla media di docati 400 l’anno. Inoltre lo stesso d. Francesco avrebbe dovuto versare il residuo che gli fu dato da Giuseppe Palermiti per conto del Sig. Marchese e recuperare i debiti di Lucantonio Ditto, Michelangelo Chichino e Giordano Sfaraone, quali nomi di altri debitori restano a carico di Nesci per il loro dovuto non riscosso e per cui il Nesci resta autorizzato a sequestrare, carcerare, escarcerare, vendere, alienare e fare ogni altra cosa necessaria per l’esazione. I Nesci  ratificarono l’accordo il 16 luglio del 1640, dopo la scarcerazione di d. Francesco. E presto si misero al lavoro per il recupero del dovuto da parte dei debitori. Il primo a cader nella padella fu un certo Sebastiano Pannuti di San Lorenzo, ma dimorante in Palizzi.Gli venne intimato proprio dal dr. Giuseppe Nesci di presentarsi in Palizzi dinanzi al notaio Velonà per farsi ipotecare alcuni terreni situati nei territori di Motta San Giovanni e San Lorenzo per quanto da lui dovuto alla Corte Baronale. Nell’atto c’è scritto: fu di patto che quei terreni sarebbero rimasti vincolati e sotto sequestro fino a quando  il Pannuti non avesse pienamente saldato il debito mediante rate di anno in anno e con la più scrupolosa puntualità. Pena l’avvio delle procedure per la confisca e la carcerazione. Minaccia questa che d. Giacomo tradusse in fatto eclatante nel 1644 ordinando al Capitano della Terra di Palizzi Donato Antonio Piranti di arrestare, per insplvenza debitoria, il chierico Colantonio Pannuti figlio del predetto Sebastiano. Il carcerato in data 7 dicembre dello stesso anno fu tradotto a Napoli  dinanzi al Tribunale Ecclesiastico della Nunziatura, con la feluca di padron Iacobo Schiano. Non si sa se questa fu l’ultima delle carcerazioni ordinate dal marchese barone. Certo è che i suoi debitori trassero sospiri di sollievo nel 1652 in coincidenza dell’assenso reale a favore del Colonna perché potesse procedere alla vendita del feudo di Palizzi e Pietrapennata a d. Margherita Arduino di Messina per il pattuito prezzo di ducati 27 mila. L’atto di vendita fu stipulato nel 1654 cui seguì il definitivo Regio assenso sotto la data del 2 marzo 1655 [Quint.108, fol.140]). 
[7] di Palazzo ?
[8] Libro XVII foglio 88 posizione 157. La chiesa è sita in piazza De Nicola 49, sezione San Lorenzo. Nella registrazione si legge: A dì 10. Novembre 1805, Io D. Aniello Vacca economo curato con licenza di Mons.Vicario di Napoli ho battezzato in casa un figliuolo nato a dì ad ore sette e mezza in casa dell' Ill.mo Sig. Marchesino d. Bernardo M.aria  Natale Sifola Galiani, seu Natale Galiani Cavaliere Gerosolimitano di Devozione, e Marchesina D.Mª Candida Romano Colonna Dama Messinese de'Marchesi d'Altavilla coniugi nel proprio palazzo alla strada di S.Antoniello al q.le ho dato nome Carminio Giuseppe Luigi Andrea. Ostetrica Anna Gattone. Dottore in legge citato nell'opera jureconsulti "Opera Omnia" pubblicata in Napoli MDCCLXlV pag.67 e citato anche nel Catalogo de'"legali del foro di Napoli" per l'anno 1784 al 04/05/1785 stampato per ordine della Regal Camera di Santa Chiara , Napoli MDCCLXXXlV.
[9] Nel libro dei battesimi è registrato con il cognome NATALI, sembra sia morto a Roma. Seguendo Francesco ll.
[10] Commendatore dei cavalieri dei SS. Maurizio e Lazzaro.
[11] Tipografia Nuzzi,1842, Campobasso, localizzazione Biblioteca Provinciale di Avellino – AV7; Biblioteca Provinciale di Benevento – BN 15, codice documento IT/ICCU/SBL/0397969.
[12] Codice identificativo IT/ICCU/NAP./0167594,
[13] Probabilmente a Santa Maria A Vico.
[14] Santa Maria A Vico?
[15] Ibidem.
[16] A Roma ?
[17] Di questo ramo maschile non si hanno più notizie fino a tutt’oggi.
[18] Detto Peppone
[19] Partecipò alla disastrosa battaglia di Gaeta. La resa del re Francesco II avvenne il 03 Febbraio 1861.
[20] Battezzata nella parrocchia di Santa Maria delle Vergini il 29 luglio 1799.
[21]  Ramo parallelo della famiglia del marchese Buonpane
[22] Casapulla 5 novembre 1889-30 giugno 1984.
[23] Calendario Generale del Regno d’Italia, archivio Centrale dello Stato Roma-Eur. 1° sindaco di Casapulla dopo l'unità d'Italia, avvenuta il 03 febbraio 1861, con la resa a Gaeta del re del Regno delle due Sicilie Francesco II.
[24] Probabilmente a Santa Maria a Vico.
[25] Secondo don Felice Provvisto nacque il 4 ottobre 1834.
[26] Nata in Napoli il 9 settembre 1846* sezione San Ferdinando, deceduta in Casapulla il 21 maggio 1920*.
[27] Registro atti di morte del comune di Casapulla anno 1913 vol. unico parte 1ª atto n.42. Sulla sua tomba vi è scritto Loculo ossario di famiglia donato dalla confraternita al parroco Camillo NATALE (ossia de NATALE SIFOLA GALIANI) addì 3 luglio 1921. In questo loculo riposano le spoglie anche di Filomena Di Sorbo vedova Mingione.
[28] Nel palazzo avito di famiglia sito in Via Apollo n°1
[29] Tanto che le figlie Rosa, Margherita e Giovanna (Candida) essendo nubili beneficiarono della reversibilità della pensione del padre.
[30] Andato in America. Secondo don Felice Provvisto si chiamava Erennio secondo Serra di Gerace Erminio.
[31] Secondo don Felice Provvisto nacque il 2 ottobre 1847.
[32] Sepolto nella cappella del Monte dei Morti: 16 Novembre 1879* Casapulla 16 Maggio 1972*.
[33] Moglie di zio Luigi fratello di mio padre.
[34] Professoressa di lettere.
[35] Professoressa di lettere.
[36] Medico
[37] Secondo don Felice Provvisto nacque il 13 settembre 1850.
[38] Secondo don Felice Provvisto nata nel 1857.
[39] Secondo don Felice Provvisto nel 1883.
[40] figlio di Carminio.
[41] Nata a Napoli in Castelnuovo il 9 settembre 1846 deceduta in Casapulla il 21 maggio 1920
[42] Approvato nell’esame di laurea addì 4 maggio 1922 dato dalla Regia Università di Napoli addì 21 luglio 1922, registrato fol.58 n°54
[43] Figlia di Carminio e di Maria Teresa Trepiccione.
[44] Più esattamente la chiesetta della Santissima Concezione di Nostra Donna.
[45] Posta subito dopo la cappella di Sant’Antuono.
[46] de NATALE SIFOLA GALIANI ossia NATALE-GALIANI.
[47] L'attuale via:Armano Diaz.
[48] All’epoca non esisteva l’autostrada del sole con il cavalcavia. Arrivati all’edicola sacra, subito dopo, si girava a sinistra e poi si imboccava il viale tutto dritto che conduceva al cimitero.
[49] Erano suoi vicini di casa. Don Manlio abitava l’ultimo palazzo a sinistra del trivio la vigna provenendo dalla cappella di Sant'Antuono. Il palazzo era di proprietà della sua famiglia. Per successione di mia zia Ada una parte oggi è di proprietà dei miei cugini Carminio Aristo e Carlo.
[50] Sul trivio di prospetto alla strada c’è una bellissima facciata barocca che doveva far parte di un abitazione di un grande di Spagnano (sec.XVII-XVIII); abitazione che non fu mai terminata ed il terreno retrostante veniva chiamato vigna. Subito dopo il trivio sulla sinistra vi erano due case coloniche che in quel punto erano le più avanzate del paese.
[51] Teresa de NATALE SIFOLA GALIANI ossia NATALE-GALIANI di Carminio.
[52]  Giovanna Candida de NATALE SIFOLA GALIANI ossia NATALE-GALIANI di Luigi.
[53] Il sacerdote don Camillo con i genitori e le sorelle Rosa, Margherita e Giovanna Candida abitavano un loro palazzetto in Via 4 novembre che caceva angolo con la strettulella (oggi Via Peccerillo) dalla parte della parrocchia. Questo palazzotto era stato comprato con la vendita di un altro palazzotto di proprietà del nonno Luigi con del denaro dello zio Camillo sacerdote e con un prestito di mia nonna Maria Teresa.
[54] NATALE-GALIANI, ossia de NATALE SIFOLA GALIANI.
[55] 4 gennaio 1944. – Era nato il 5 luglio 1872.
[56] de NATALE SIFOLA GALIANI.
[57] Registro atti di nascita vol. unico parte 1ª n.21. Nacque in casa in via Vescovo NATALE n°15.
[58] Nella grande guerra 1915-18 militò nell'arma dei carabinieri.
[59] Registro atti di morte anno 1950 n. 27 parte 1ª vol. unico.
[60] Contratto di concessione di area cimiteriale del 19 settembre 1969, delibera Giunta Comunale n.135 del 6 agosto 1969 restituita dalla prefettura di Caserta per ricevuta il 28 agosto 1969 n. 8252/T, licenza edilizia del 4 luglio 1972.
[61] Sepolto nel loculo dove riposano il padre e la madre
[62] A Santa Maria a Vico (Caserta)
[63] Secondo don Felice Provvisto nacque l'11 giugno 1884.
[64] Sino a questa generazione tutti i personaggi sopra menzionati sono citati nei manoscritti di Livio SERRA DI GERACE in Famiglie nobili napoletane, nel Vol. V, Genealogia GALIANI-NATALE (de), conservati presso il Grande Archivio di Stato di Napoli sez. Diplomatica Politica.
[65] Le date con asterisco sono certe
[66] Successivamente sicuramente dopo il 1980 portato in Capua a seguito della costruzione di una cappella realizzata dai figli.
[67] Nei registri dello stato civile, alla nascita, fu registrato col cognome NATALE e nella parrocchia di Sant’Elpidio col cognome NATALE-GALIANI.
[68] In realtà nacque il 17 marzo 1910. Fu registrato nel libro dello stato civile due giorni dopo. Vedere vol. unico parte 1ª n.28 anno 1910.
[69] La sua antica famiglia era originaria della città di Durham in Inghilterra. Fu detta “de Duram e de Dura un ramo di detta famiglia appartenne Seggio di Porto e fu una della 6 famiglie Aquarie (Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d’Italia, Vol. 1-2 Conte Berardo Candida Gonzaga)
[70] Enrico nacque a Montefiascone il 31 agosto 1891 e fu battezzato nella Cattedrale di Santa Margherita. Nella grande guerra combattè nel corpo degli alpini agli ordini del generale Cadorna. Fu decorato della medaglia di bronzo. Morì a Roma il 9 gennaio 1973. Assunta, anche lei nativa di Montefiascone nacque il 24 agosto 1889 e fu battezzata netta cattedrale di Santa Margherita. Morì a Roma il 17 agosto 1970.
[71] Successione ereditaria n° 1/16896 del 10 settembre 1996 in cui lasciava un appartamento, titoli di stato ed una discreta liquidità.
[72] Parrocchia sita vicino alla di lui abitazione, sita in Via Flaminia Vecchia 732 Roma.
[73] Insieme ad una corona d'alloro legato con un nastro dai colori di Roma ad un rametto di quercia

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